Nei giorni scorsi è morto a Firenze all’età di 85 anni e in seguito a Covid e polmonite Donato Santandrea, legatissimo a Tredozio, dove era stato cappellano dal 1960 al 1970 e poi per circa un decennio parroco di Ottignana. Lascia la moglie e una figlia. Chi l’ha conosciuto e ha goduto del suo ricco e generoso ministero sacerdotale e della sua entusiasmante amicizia sa che la sua figura prima di prete e poi di preparato professionista in campo sanitario erano un patrimonio non solo personale, ma anche delle comunità dove è vissuto.

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Originario di Modigliana, dove vivono ancora alcuni parenti, Donato Santandrea aveva studiato nel seminario di Modigliana prima e poi in quello di Firenze per gli studi teologici. Il 29 giugno 1960 era stato ordinato sacerdote nella cattedrale di Modigliana dal vescovo Antonio Ravagli, insieme a don Marino Tozzi, ora parroco di Terra del Sole. Appena prete, fu inviato cappellano a Tredozio col pievano don Adriano Tassinari, prete ricco di spiritualità e umanità originario di Rocca San Casciano. Ricorda Pierluigi Versari, per 17 anni sindaco di Tredozio: “Nel decennio 1960-1970 don Donato fu un vulcano di idee e iniziative, non solo in parrocchia, ma anche in paese”. E Massimo Biserni, suo ‘allievo’, musicista e in seguito direttore della Banda di Tredozio-Modigliana, aggiunge: “Istituì subito un Coro dei Pueri Cantores, diventato poi Coro ‘Cesare Bonfante’ con bambini e giovani, inserendovi poco dopo anche le ragazze. Eravamo talmente un gruppo affiatato, che si formarono diverse coppie che si sono sposate”. Il coro si allargò anche alla musica folcloristica, con manifestazioni canore in giro per il territorio della diocesi, da Modigliana a Marardi, da Tredozio a Castrocaro. Sempre a Tredozio inventò anche Il Pentagramma d’Oro, una specie di Zecchino d’oro per i bambini.

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Ricorda ancora Biserni: “Gli ex coristi ci ritrovavamo insieme tutti gli anni a Firenze”. Per diversi anni animò anche il campi estivi sia della parrocchia di Tredozio sia dell’allora diocesi di Modigliana a Cignano. Nel 1970 il prete Donato Santadrea fa una scelta radicale: pur restando parroco di Ottignana alle porte di Tredozio, si trasferisce  a Firenze a fare il prete operaio, come infermiere all’ospedale Careggi, diventando caposala nel reparto dei celebrolesi, sulle cui tecniche di recupero scriverà anche alcuni libri importanti. Alla fine degli Anni ‘70 lascia il ministero sacerdotale, chiede lo stato laicale e si forma una famiglia. “Ma la comunità di Tredozio – commentano tanti suoi ragazzi e coristi di ieri – gli è rimasta sempre nel cuore e lui nel nostro. Grazie soprattutto alla sua generosa, gioiosa e profondamente cristiana formazione”. Una figura contraddittoria e discussa? Di sicura una figura di prete, di credente e di uomo emblematica del suo tempo. Come cristiano e prete aveva fatto proprio lo spirito del Conciclio Vaticano II, con le grandi aperture e i rischi, abbracciando senza riserve e con entusiasmo “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini” della sua epoca. Aveva cercato vie nuove per cercare, servire e trovare Dio, fra cui l’esperienza del prete operaio. Si era interrogato, anche insieme ai preti coetanei dell’allora diocesi di Modigliana (riunitisi in un Centro culturale), sul come vivere l’autenticità della fede e del ministero sacerdotale per essere testimone di Cristo alle soglie di cambiamenti sociali, culturali e religiosi sconvolgenti e pieni di contraddizioni, inquietudini e incertezze. Quelli che l’hanno conosciuto bene sanno che la fede è rimasta sempre la guida della sua vita.

                                       Quinto Cappelli