Il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha dichiarato di recente che “soltanto umiliandosi – evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale di crescita della personalità – di fronte ai suoi compagni è lui che si prende la responsabilità dei propri atti. Da lì nasce il riscatto”. Forse il ministro ha confuso l’umiltà con l’umiliazione e il medioevo con l’età contemporanea; ha confuso l’umano con l’asino a cui si applica il bastone e la carota. Forse non ha mai aperto un libro di psicologia, pedagogia o neuroscienze.

Umiltà è una bella parola. Deriva dal latino humus (terra) e ci ricorda che l’errore e il fallimento ci costringono a rimettere i piedi per terra. Fallire equivale spesso a tornare tra i comuni mortali, cessare di ritenersi esseri superiori, guarire dal fantasma infantile di onnipotenza che tante volte ci fa sbattere contro il muro. Umiliare invece significa mortificare qualcuno ledendone la dignità, causandogli un grave senso di disagio, di avvilimento e vergogna. L’umile ha fiducia in se stesso, si assume le sue responsabilità e non si sopravvaluta. L’umiliato non ha alcuna fiducia in sé stesso, e probabilmente si sottovaluta. E umiliarlo ancora di più non lo riabilita, ma può non avere effetti o paradossalmente rischia di peggiorare la persona. Un conto è umiliare e umiliarsi, un conto è rimanere umili.

Se però apprezzate tanto l’umiliazione, sarebbe interessante che i bambini potessero iniziare a umiliare il “comportamento” degli adulti, quando – fortunatamente non sempre o spesso – la loro violenza verbale e fisica, la loro arroganza, la loro mancanza di responsabilità e di eticità, il bullismo dei capi, la mancanza di rispetto di taluni leader, il menefreghismo nei confronti delle regole, la mancanza di educazione per i colleghi, il demerito eretto a talento. Perché se c’è una cosa che i bambini sanno fare bene è imitare il comportamento degli adulti. E allora prima di ergerci al ruolo di supremi umiliatori chiediamoci cosa gli stiamo insegnando, non con le parole ma con gli esempi. Chiediamoci quali valori gli stiamo comunicando.

Certi politici in primis non sono maestri di vita. Quindi prima di applaudire al valore educativo dell’umiliazione chiediamoci che adulto siamo, che maestro siamo, quali valori stiamo passando a chi viene dopo di noi. Una strada virtuosa è la testimonianza migliore che possiamo lasciare a chi condivide la vita con noi. L’umiliazione lasciamola a coloro cui piace sfoggiare i muscoli.

Tiziano Conti