La vita come una staffetta, dove a ogni passaggio di testimone si arriva alla nuova tappa più arricchiti e pronti a portare avanti la propria missione. Dopo nove anni, cambia rotta la corsa di don Luca Ravaglia, che il 23 ottobre scorso ha salutato la comunità parrocchiale del Paradiso. E’ arrivato nella nuova comunità di Russi, il 30 ottobre, a piedi. Letteralmente. In tutto 17 km e poco più, poi la prima messa alle 18.30. Com’è nello stile di un appassionato della 100 km come lui. Ma non è solo passione: «Ho provato in questi anni a fare il prete con i piedi», cioè camminando a fianco alle persone. Uno stile, appunto, che certamente porterà anche a Russi, magari accompagnato dai tanti doni, materiali e spirituali, ricevuti dalla sua comunità: a partire da una bici per solcare gli argini dei fiumi della bassa e arrivare davvero ovunque e più velocemente.
Intervista a don Luca Ravaglia
Come ti senti don Luca alla vigilia di questo nuovo servizio?
Ho sempre creduto nei passaggi, fanno bene alla nostra Chiesa. Come sacerdoti ci aiutano a far gioco di squadra e a farci sentire parte di una Chiesa diocesana, che va avanti grazie all’azione del Signore. Siamo lavoratori, ognuno con doni diversi, in un vasto campo che è di Dio. Ringrazio il Signore per questo bel gioco di squadra che sta avvenendo nella nostra Diocesi, frutto di ‘Sì’ non scontati da parte di tante persone diverse. Penso sia un bel segno. Il Signore si serve dei nostri talenti e limiti. Ognuno di noi fa vedere alcuni tratti dell’agire di Dio che mettono in luce diverse frontiere della Pastorale, e per forza di cose se ne trascurano altre. Per questo è bello rimescolare le carte, evitando personalismi. Non si deve suonare la stessa campana per 50 anni… e il valore di questi cambiamenti non coinvolge solo i preti, ma anche i diaconi, i laici, le associazioni, i gruppi parrocchiali.
In che senso?
La sinodalità prevede spostamenti. Penso sia importante mischiare le carte anche negli incarichi parrocchiali, per esempio. Grazie a questi cambiamenti la comunità cresce, se si resta fermi la missione della Chiesa ha battute d’arresto. E sempre in ottica sinodale, a Pieve Ponte, dove in due anni ho visto una bella comunità, è nato il primo gruppo ministeriale della Diocesi
Come è cambiato don Luca in questi nove anni ?
Sicuramente ha qualche capello in meno! A parte gli scherzi, oggi sono gioioso e contento, ma i 58 anni cominciano a farsi sentire. Devo amare e accettare la mia età. Vado a Russi con l’esperienza, ama anche con i limiti, che un uomo di questa età comincia ad avere. In questi anni, l’incontro con le fragilità, gli anziani e i poveri mi ha aiutato ad arrivare preparato a questa età e ad accettare tutta la bellezza della nostra umanità. E ho chiuso questi nove anni al Paradiso con un ritiro spirituale.
Qual è stata la gioia più bella del servizio alla parrocchia del Paradiso?
L’Eucaristia della domenica. Il clima che si respira durante la messa, l’assemblea partecipe. E da qui discendono poi tanti momenti diversi: le prime comunioni, le messe nelle strutture per disabili, il vedere giovani con disabilità chiedere di partecipare alle attività della parrocchia. Poi sicuramente è stato bello vedere i diversi percorsi formativi in parrocchia muoversi in armonia: catechismo, Acr, scout. Penso sia importante che una parrocchia sappia parlare lingue diverse: attività sportive, gruppi teatrali, coro… in questo modo ci si fa forza a vicenda, e nel caso un giovane perda un punto di riferimento, può trovarne subito un altro. Penso sia importante coinvolgere i giovani fin da piccoli: la Chiesa si costruisce soprattutto grazie all’incontro tra generazioni diverse.
L’8xmille è stato un grande supporto in questi anni.
Il valore dell’8xmille l’ho toccato con mano gli anni scorsi. Grazie alle firme degli italiani abbiamo potuto sostenere il 60% delle spese per il nuovo tetto della chiesa (circa 270mila euro su 350mila). In questi lavori ci hanno aiutato tante persone competenti e gli uffici della Diocesi. Inoltre durante la pandemia abbiamo ricevuto dei fondi straordinari per le distribuzioni viveri della Caritas.
Come comunità parrocchiale avete fatto tanto su questo fronte.
In questi anni è sempre stata attiva la mensa per i poveri, e la parrocchia ha dato dimostrazione di accoglienza e ospitalità, recentemente anche con famiglie ucraine. Riprendendo le parole del Papa, preferisco una “chiesa incidentata” capace di rischiare anche un po’ sulla frontiera pastorale e della povertà, e che si lasci scombussolare da essa…
Sei anche direttore della Scuola diocesana di Teologia.
L’evangelizzazione si fa col Vangelo. Bisogna far battere i cuori quando si entra nei testi biblici e nelle loro dinamiche. Credo che una delle sfide che abbiamo di fronte è far incontrare le persone con quelle parabole, far entrare in quella Storia che è una storia di salvezza.
Restando in tema di cammini, facciamo un passo indietro: come è nata in te la vocazione?
In parrocchia coi campi dell’Acr giovanissimi e a scuola. Frequentavo il liceo Scientifico. Ho avuto tanti docenti in gamba. In particolare il prof. Stefano Borghesi ci ha aiutato davvero tanto ad avere spirito critico. Ricordo una gita nell’ottobre a Camaldoli, dove ci ha portato ad ascoltare una lezione di padre Salvatore Firigerio. C’era davvero un bel clima e anche il confronto con gli altri compagni di classe è stato importante.
E ora uno in avanti, come vedi il tuo ingresso a Russi?
Mi piace vedere questo come un cambiamento nella continuità, di uno che entra in una storia che viene prima di lui e la porta avanti con i suoi doni. Per questo arriverò a Russi a piedi, piano piano, in un atteggiamento di ascolto per mettermi a fianco del cammino di quella comunità parrocchiale.
Che valore ha per don Luca il camminare?
Per me camminare è preghiera. Mi fa bene, ho sempre cercato di farne almeno una la settimana, qui sulle nostre colline e in campagna a Pieve Ponte. La natura è la carezza di Dio, fa bene nel corpo e nello spirito. E fa venire intuizioni prima impensabili. Leggi un brano del Vangelo, parti, e all’improvviso fai tuo quel brano in una luce diversa. Camminare è anche incontrare le persone. Hai modo di incrociare il loro sguardo e salutarle per la strada. In questi anni ho sempre cercato di fare il parroco con i piedi. E magari, mentre vai a trovare un anziano, per la strada ne incontri altri due che in quel momento avevano bisogno di una tua parola. Quando cammini, incontri sempre qualcuno. Camminando ti accorgi anche che la parrocchia non è solo il campanile, ma è tutte le persone che sono lì, lavorano, vanno a scuola, soffrono… e vorrei fare così anche a Russi. Non va ridotto tutto all’agenda parrocchiale…
Samuele Marchi