Quelle mani non stanno mai ferme. Sono sempre in ricerca. Pronte a inventare e creare opere nuove capaci di raccontare una parte nascosta della realtà. Il lavoro all’interno della bottega di Enzo Babini diventa un cammino ricco di sfide e sorprese per dare forma concreta, attraverso la versatilità dell’argilla e della ceramica, a un pensiero. E il frutto della ricerca di quelle mani, curiose e precise, ci porta in dono presepi dai colori insoliti, formelle che raccontano con tecniche innovative il viaggio di Dante e lavori sulla materia che ci riportano all’origine della vita sulla Terra. Sarà possibile ammirare tutto questo sabato 29 ottobre alle 17.30 nel circolo “Torricelli” di via Castellani 25, quando sarà inaugurata la mostra La zolla può diventare poesia, del ceramista e scultore Enzo Babini. Vengono esposte opere in ceramica ispirate a diverse tematiche – dai presepi alle formelle della Commedia – e al termine dell’evento ci sarà un momento conviviale. La mostra resterà aperta fino a domenica 13 novembre, il martedì, il giovedì e nel weekend dalle 16 alle 18.30.

Una vita in ricerca, nel segno dell’arte

Ascoltare le voci di Dante e Virgilio mentre escono dall’Inferno, toccare con mano la terra primordiale prima della deriva dei continenti, vedere la luce là dove in un presepe sembra esserci solo ombra. Sono queste alcune delle esperienze che è possibile fare all’interno della bottega di Babini, ricca di attrezzi, opere complete e altre in divenire. E all’interno di questa bottega, si muovono mente e mani sapienti che non riescono a stare ferme ma che cercano di investigare la realtà in tutte le sue varie componenti. Un percorso iniziato tanti anni fa e che ha portato le opere di Enzo da Cotignola a viaggiare in tutto il mondo. Dal 1952 al 1957 Enzo frequenta la scuola di Arti e mestieri sotto la guida del prof. Luigi Varoli, che coglie nel giovane Babini delle potenzialità, mentre bambino si cimenta nei pomeriggi alla cartapesta o alla tecnica del mosaico. «Più che una passione – racconta Babini – il mio è stato un percorso artistico nato da felici combinazioni di vita. Probabilmente, se i miei genitori anziché mandarmi alla scuola di arte e mestieri, mi avessero fatto fare altro avrei preso altre strade». Successivamente, grazie anche al sostegno dello stesso Varoli, Babini prosegue i propri studi all’Istituto statale d’arte di Faenza, dove ottiene il diploma di Maestro d’arte, sviluppando contemporaneamente esperienze presso gli studi dei più noti maestri ceramisti come Angelo Biancini e Carlo Zauli. «Ricordo ancora la prima volta che in treno, con mia madre, andai da Cotignola a Faenza: mi sembrava una realtà lontanissima». Chissà se quel bambino, affacciato al finestrino mentre vede scorrere attorno a sé la campagna romagnola, avrebbe immagino che un giorno sarebbe volato in terre tanto lontane come Russia e Cina per presentare le sue opere.

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A Faenza, l’artista di Cotignola omaggia i propri maestri e l’Istituto Ballardini

La mostra faentina vuole proprio essere un omaggio a questi grandi maestri e all’istituto d’Arte. Oltre a questi grandi artisti, Enzo ricorda anche tra i propri maestri l’insegnante di tecnologia Tonito Emiliani e Giuseppe Liverani, direttore del Mic, che ha trasmesso a lui l’amore per la cultura, imprescindibile per portare avanti una ricerca che non sia solo una riproposizione di cose già fatte. «Ognuno di loro mi ha trasmesso qualcosa, e il filo conduttore è stato che pensiero e materia sono intrecciati», dice. E da questa intuizione, nascono le sue opere. Come rappresentare con il linguaggio dell’arte la fraternità e l’amicizia sociale tra i popoli? «Ho preso le terre dei cinque continenti. Milioni di anni fa la terra era un unico monolite, poi c’è stata la deriva dei continenti. È stato un po’ come lo spezzarsi di una famiglia… e con le mie opere ho cercato di ricomporre questa frattura tra terre che vengono comunque dallo stesso ceppo». In mostra sarà possibile vedere la sua ricerca sui presepi. «Per me Natale è innanzitutto presepe – racconta – e in dieci anni di ricerca ho cercato di valorizzare questa rappresentazione uscendo dagli stereotipi, fino ad arrivare a dare forma a un “presepe nero”. Mi sono rifatto sia a san Francesco sia al mito della grotta di Platone, è il presepe che più di altri sconfigge le tenebre con la luce. Di fatto però la mia è una ricerca continua, questo essere sempre in ricerca mi dà gioia, altrimenti questo lavoro sarebbe solo routine».

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Presepe bronzeo di Enzo Babini.

E appena terminata questa frase, mente e mani sono già pronte a dare vita a un nuovo viaggio nel segno della ceramica. «Nella vita mi sono sempre divertito – conclude – e al di là del risultato estetico, quello che per me conta è riuscire a coinvolgere lo spettatore nel percorso che ho fatto».

Samuele Marchi