Saranno giorni, settimane o addirittura mesi che vivranno con ansia. Il cellulare sempre a portata di mano in attesa della fatidica chiamata da parte di un istituto scolastico. La voglia di entrare in classe a insegnare Storia o Matematica è tanta, ma si scontra con burocrazia, convocazioni e graduatorie. Un precariato che li fa restare in un vero e proprio limbo a tempo indeterminato. Loro sono i giovani prof. Non ancora di ruolo, magari laureati da poco, posizionati agli ultimi posti delle graduatorie o non ancora presenti. Questo è il caso di Paolo Liverani (foto), faentino di 24 anni. «Mi sono laureato a luglio in prima sessione – spiega – ma, purtroppo, sia l’inserimento nelle graduatorie sia i concorsi per l’insegnamento si sono chiusi tutti appena un mese prima. Per noi neolaureati è stata una vera beffa. Per cui al momento l’unica possibilità che ho di insegnare, in attesa del concorso che potrebbe esserci nel 2024, è inviando le Mad (messa a disposizione, ndr) ai singoli istituti. Ne ho inviate molte: in provincia di Ravenna, Forlì-Cesena, persino fuori regione».
Paolo Liverani: “Ci siamo laureati in prima sessione, ma le graduatorie si sono chiuse un mese prima. Una beffa. Ora tocca aspettare il 2024”
Per Paolo l’insegnamento non è un ripiego. La sua laurea in Didattica delle scienze naturali dell’Università di Bologna parla chiaro: entrare in una classe delle medie o superiori per insegnare Matematica, Scienze o Chimica. «In Italia questa laurea è una novità – spiega – ma all’estero corsi di questo tipo, che ti preparano nello specifico all’insegnamento, sono già consolidati». Al momento chiamate da parte delle scuole non sono però arrivate. «Cercherò nel frattempo un lavoro alternativo, ma non potrà essere un’occupazione di particolare responsabilità, perché da un momento all’altro potrei ricevere una convocazione e lasciare».
Il progetto Scuolaparlante a Faenza
Nel frattempo ha dato vita a Faenza, con altri aspiranti docenti, al progetto Scuolaparlante, che vuole offrire percorsi e incontri di formazione per avere più coordinate sul mondo scuola. «Voglio insegnare – conclude – perché, nel particolare momento storico che viviamo, penso sia importante aiutare gli studenti nella ricerca di senso e significato. Inoltre per me la scuola, da studente, è sempre stato un ambiente piacevole da vivere, che mi ha dato tanto». Tra i prossimi incontri in programma di questo percorso, ce ne sarà uno con lo scrittore e docente Eraldo Affinati, atteso il 10 ottobre prossimo a Faenza.
Nicola Oriani: “Ogni anno l’assegnazione delle classi si trascina fino a metà ottobre, non va bene”
La stessa situazione la sta vivendo Nicola Oriani, 31 anni, laureato in Storia, in graduatoria dal 2020 e con qualche anno di esperienza di insegnamento alle spalle in istituti faentini come il liceo Torricelli o l’Itip Bucci. «Ogni anno siamo punto a capo – racconta – e questa attesa per l’assegnazione delle classi di norma si trascina fino a metà ottobre. Oltre che per noi, questo è un danno soprattutto per gli studenti, che di fatto perdono un mese di scuola. So che è complesso, ma bisognerebbe potenziare il lavoro di segretarie in agosto, per arrivare preparati all’inizio dell’anno scolastico».
La vita precaria di chi vorrebbe solo svolgere la propria professione
Tra affitti e bollette da pagare, Nicola non può permettersi di stare mesi senza lavoro. Così nel frattempo è costretto a cercare un’altra occupazione. «Questa costante incertezza influisce negativamente sulla tua vita – commenta -. Non puoi programmare niente». Eppure, nonostante queste difficoltà, la fiamma dell’insegnamento resta accesa. «Vedo la società molto fredda e razionale – racconta – e la scuola penso debba rappresentare per i giovani un luogo in cui valorizzare i propri sogni ed emozioni, con spirito critico. Soprattutto mi ha dato molta gratificazione finora insegnare negli istituti tecnici».
Anche Nicola è d’accordo sulla necessità di una formazione specifica per i nuovi docenti. «La prima volta che rispondi ‘sì’ a una convocazione non vieni istruito nello specifico su nulla – dice -; appena completati gli aspetti burocratici in segreteria si entra subito in una classe, con studenti di cui non sai praticamente niente, che devi sapere gestire. Se da un lato questo costringe a metterti subito in gioco, dall’altro arrivare a quel momento con più consapevolezza del proprio ruolo aiuterebbe i giovani aspiranti prof a svolgere al meglio il proprio lavoro».