“Finalmente la Chiesa mi chiede come sto, mi viene a cercare”.

Qualcuno che si interessa a me. Qualcuno che vuole sapere come sta andando la mia vita. Una Chiesa, reale corpo di Cristo, che è interessata a come sto camminando, come sto percorrendo questo tratto di strada. Il nostro desiderio più grande è l’essere amati, e riconoscere che nulla di noi è da buttare o da scartare, ma tutto è voluto, desiderato, ricercato.
È l’essere riconosciuti per quello che siamo, nella nostra unicità e profondità. Siamo cercati, siamo voluti da sempre: Cristo ci ha amato e ha dato se stesso per noi! (Ef 5,2) E dietro questi volti, dietro a queste mani che ci salutano e ci invitano – la Chiesa – c’è Lui che da sempre ci cerca, desidera, ama, chiama, parla. Sentiamo che il nostro cuore cerca qualcuno che possa conoscerci fino in fondo, che possa caricarsi dei nostri pesi e delle nostre ferite, dei nostri errori. Cerchiamo qualcuno e la svolta è quando sentiamo che è Lui che ci cerca per stare con noi.

Dio, relazione continua

In questo si è manifestato l’amore di Dio in noi: Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio unigenito, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui (1 Gv 4, 9).

Con queste parole l’apostolo Giovanni cerca di spiegare il mistero di un Dio che è relazione continua: un Padre che si dona nel Figlio nell’incarnazione, un Figlio che si dona al Padre nella croce e il dono stesso che è Spirito Santo, continuo fuoco d’amore. Questa relazione – divina – che fonda e vivifica il mondo è la relazione originaria che fonda e vivifica l’uomo, fatto a immagine e somiglianza di questo Amore increato.
Chiamati a vivere questa realtà profonda, di uomini e donne “sociali”, aperti alla relazione con gli altri e con l’Altro viviamo in profondità la nostra umanità. Non in virtù delle nostre capacità, ma in forza di quell’immagine originaria in noi che ci spinge a vivere profondamente la nostra vita nella pienezza e nella gioia del dono di noi stessi. Infatti, non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati (1 Gv 4, 10).
Con la presenza fedele dello Spirito, presenza di Cristo morto e risorto, la Chiesa nel vivere nel mondo da fratelli e sorelle, avendo amore gli uni per gli altri (Gv 13, 35), rende sempre più evidente la presenza del suo Signore: se viviamo l’amore, il dono di noi stessi, senza sperare di ricevere nulla in contraccambio, allora stiamo rispondendo al suo amore, che ci precede e ci invia. E Lui è con noi fino alla fine del mondo e oltre.
La Chiesa è questa rete di relazioni, volti che accolgono, parole buone e ferme, mani operose e forti, occhi che sanno vedere oltre le apparenze, spalle che reggono tanti pesi e sofferenze… e questo perché Lui per primo ci ha accolto, ci parla, ci guarda con uno sguardo nuovo, ci sorregge perché non cadiamo.

Essere fratelli e sorelle

Vi invito fin da ora a non dare per scontate le relazioni personali, spendendo tempo e cura nell’ascolto e nel dialogo fraterno. La nostra Chiesa avrà un volto fraterno e accogliente se noi cureremo uno stile relazionale personale (vescovo Mario, 5 giugno 2022).

È il primo invito del nostro vescovo: tornare a parlare, a vedersi, a spendere del tempo per stare insieme, per condividere esperienze e fatiche… Abbiamo bisogno di vivere da fratelli e sorelle, di riconoscerci bisognosi degli altri, di riprendere in mano la nostra responsabilità di padri, madri, fratelli, sorelle, figli, compagni di viaggio.

i referenti diocesani don Michele Morandi e Cristina Dalmonte