Associazioni di consumatori, imprese, cittadini, enti pubblici, enti ecclesiastici e altri soggetti in grado di produrre e scambiare energia in un’ottica di autoconsumo e di autosufficienza, per promuovere energie verdi e rinnovabili, beneficiando di incentivi fiscali, contribuendo alla decarbonizzazione e alla sicurezza energetica del paese. Stiamo parlando di comunità energetiche di cui si è discusso nel convegno Come si creano le comunità energetiche? promosso sabato scorso all’istituto Veritatis splendor di Bologna dall’Ufficio regionale per la pastorale sociale e il lavoro della Conferenza episcopale Emilia-Romagna, dall’osservatorio “Giovanni Bersani” e moderato dalla professoressa Vera Negri Zamagni.
Sul tema si sono confrontati il direttore dell’Agenzia per l’energia e lo sviluppo sostenibile di Modena Pier Gabriele Andreoli, il vicedirettore generale di Bit, la società di consulenza e servizi per lo sviluppo dei territori costituita, tra gli altri da EmilBanca, Daniele Ziveri, il responsabile nazionale Confcooperative delle cooperative di comunità Giovanni Teneggi. Ha concluso il convegno monsignor Mario Toso, vescovo delegato della Pastorale sociale e il lavoro della Ceer.
Come si creano le comunità energetiche? Il convegno all’Istituto Splendor di Bologna
In apertura il direttore dell’Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro don Bruno Bignami, in video collegamento, ha presentato i fondamenti del magistero pontificio con particolare riferimento, alla Laudato si’. Andreoli ha evidenziato che la direttiva europea in materia ha definito quattro tipologie di comunità energetica: autoconsumo collettivo (è il caso dei condomini con condivisione dell’energia generata tra diversi utilizzatori); comunità energetiche rinnovabili (in questo caso occorre costituire un ente giuridico che utilizza un impianto di generazione dell’energia più grande rispetto a quello dei condomini); comunità energetica dei cittadini; comunità energetiche legate al calore. Per il momento l’attenzione si concentra sulle prime due tipologie di comunità anche se manca ancora una completa definizione normativa. Andreoli, ha, poi illustrato le comunità energetiche rinnovabili, che prevedono un investimento diretto, da quelle che, invece, prevedono un investitore esterno che si accolla il costo dell’impianto.
Ziveri ha sottolineato il ruolo che può svolgere il sistema bancario e finanziario rispetto alla realizzazione di progetti che possono richiedere anche investimenti significativi, evidenziando che per la “bancabilità” dell’intervento occorre un progetto, non una semplice idea. Il direttore di Confcooperative ha parlato di comunità di cooperative per la sostenibilità ambientale e sociale, sottolineando che il bene rifugio è quello umano. Inoltre, ha evidenziato numerosi casi di sviluppo di aree caratterizzate da fenomeni di spopolamento grazie alla costituzione di cooperative di comunità.
Monsignor Mario Toso: “Un modo per sperimentare l’ecologia integrale proposta dalla Chiesa”
In conclusione monsignor Mario Toso ha spiegato che: «Oggi ci ritroviamo qui perché la Cei ha consigliato di organizzare momenti come questo per informare sulla proposta della nascita di Comunità energetiche (Ce), perché si giunga a istituire nelle Diocesi gruppi ad hoc per vagliare la situazione, riunire competenze, elaborare progetti, anche perché le comunità energetiche non implicano solo attenzione a pannelli solari…». Monsignor Toso ha spiegato che gli obiettivi concreti dalla Settimana sociale di Taranto sono quattro: costruire comunità energetiche; diventare una società carbon free e votare col portafoglio per premiare le aziende capaci di intrecciare valore economico, dignità del lavoro e sostenibilità ambientale; promuovere e utilizzare prodotti caporalato free; creare alleanze intergenerazionali e con la società civile. La scelta di costruire comunità energetiche è una scelta etica, frutto di un cammino di riflessione a partire dall’enciclica Laudato si’ e fondato sulla consapevolezza che l’umanità è chiamata a prendersi cura della «casa comune». La stessa enciclica indica l’esistenza di cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. Inoltre, la indica come un esempio di virtuosità dell’istanza locale mentre le istituzioni mondiali faticano ad assumere responsabilità.
Le comunità energetiche sono «un modo di sperimentare come l’ecologia integrale proposta dalla Chiesa – h aggiunto il vescovo – può tradursi in un nuovo modello di sviluppo umano ed economico sostenibile, giusto e partecipato» e «una via per ridurre le emissioni di anidride carbonica (CO2) e conseguire una progressiva indipendenza energetica del nostro Paese” oltre che un “campo di impegno di comunità che dal basso cooperano per una transizione ecologica reale e concreta, coinvolgendo più soggetti (cittadini, associazioni, enti locali, imprese, diocesi), ossia creando alleanze tra diversi attori in vista del bene comune».
Le tappe per avviare una comunità energetica
Monsignor Toso si è, poi, soffermato sulle tappe per avviare una Comunità energetica. Formazione: i soggetti interessati devono essere disposti a vivere un percorso di formazione; consumo condiviso: creare una impresa cooperativa o un’associazione per il consumo congiunto di energia elettrica, godendo dei benefici tariffari e fiscali di legge; fattibilità e progettazione: con il supporto di tecnici specializzati, effettuare uno studio di fattibilità e un progetto tecnico e finanziario, con possibilità di accesso a risorse del Pnrr e/o altre provvidenze pubbliche; comunità energetica: creare una CE in forma di impresa cooperativa per autoproduzione e autoconsumo di energia da fonti rinnovabili; finanziamento e realizzazione: accedere al credito bancario dedicato e realizzare gli impianti di produzione e di stoccaggio dell’energia elettrica.
Marco Mazzotti