Oggi si sente spesso parlare di criptovalute, blockchain, Bitcoin. Una nuova tecnologia economico-informatica per lo scambio di denaro, ma non solo. I Bitcoin, che utilizzano la tecnologia blockchain, sono sempre più acquistati dagli italiani, ma manca ancora una reale consapevolezza del loro funzionamento, applicazioni o rischi.
Cos’è una blockchain? Questa “catena di blocchi” sfrutta le caratteristiche di una rete informatica e consente di gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro contenente dati e informazioni (per esempio transazioni) in maniera aperta e condivisa, senza la necessità di un’entità centrale di controllo e verifica. È la comunità stessa che si dà regole e controlla il flusso delle informazioni. La blockchain crea una registrazione che non può essere modificata senza il consenso del resto dei partecipanti alla rete. L’esempio per eccellenza di questa tecnologia è il Bitcoin, una moneta virtuale creata nel 2009. Diversamente dalle altre valute il Bitcoin non ha dietro una Banca centrale che distribuisce nuova moneta, ma si basa su due principi: un network di nodi, cioè di pc, che la gestiscono in modalità distribuita, peer-to-peer (tra pari), e l’uso di una forte crittografia per validare e rendere sicure le transazioni.
Questo concetto ha ispirato anche altre applicazioni che vanno al di là delle valute digitali. Ma le criptovalute come i Bitcoin hanno anche forti elementi di ambiguità: non sono regolate a livello giuridico e quindi non sono protette come invece può essere un fondo comune di investimento. Sono uno strumento molto a rischio e non tracciabile: stando ad alcune ricerche, attraverso le criptovalute può essere riciclato denaro sporco e per i consumatori non esiste nessuna garanzia di guadagno. Secondo alcuni hanno un’eccessiva volatilità dell’investimento. Inoltre “inquinano”, perché la loro realizzazione richiede grandi quantità di energia. Questo l’allarme che arriva dall’economista svedese Erik Thedéen, vicepresidente dell’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati, che ha definito la creazione di valute un «problema nazionale» che impedirebbe di raggiungere gli obiettivi sul clima.
Per generare Bitcoin un algoritmo è chiamato risolvere equazioni di grande complessità. La potenza di calcolo che viene raggiunta è talmente alta che il livello di energia consumata è significativo. Secondo i dati del Bitcoin Electricity consumption Index dell’Università di Cambridge, la struttura per la creazione di Bitcoin consuma circa 134 terawattora, cifra equiparabile al consumo di una nazione di medie dimensioni. La stessa Ue sta legiferando su nuove norme per monitorare le criptovalute.
Intervista a Franco Cimatti, esperto di blockchain
Di blockchain parliamo con un esperto, il faentino Franco Cimatti, che collabora con un’associazione di Bologna chiamata Decentra Academy. «Ci occupiamo di diffondere informazioni su come funzionano le criptovalute – spiega – e forniamo anche consulenze tecniche in modo da far fruttare la tecnologia blockchain. Mi sono avvicinato a questo tipo di tecnologia peer-to-peer da quando avevo 16-17 anni. All’epoca era molto in voga Emule, un software utilizzato per condividere e scambiare musica. Anche le criptovalute utilizzano questo genere di tecnologia». Cimatti è stato uno dei primi in Italia ad avvicinarsi ai Bitcoin, allora un progetto sconosciuto ai più, del quale ha fatto la prima traduzione del software in un’altra lingua, l’italiano.
«Li ho scoperti nel 2010 – ci dice -. La cosa che mi ha spinto verso questo mondo è stato trovare una tecnologia che non debba chiedere il permesso a una autorità superiore, ma che sia corretta per gli utilizzatori rispettando regole precise. Possiamo utilizzare questa tecnologia che ha grandi potenzialità, ma solo rispettando le regole potrà prosperare nel tempo».
Che differenza c’è con le monete tradizionali?
L’euro e il dollaro chiamate fiat sono monete stabili imposte dallo stato e c’è l’obbligo di pagare le tasse con quelle, mentre le criptovalute sono monete volontarie ognuno decide come utilizzarle. Le criptovalute sono molto diverse dalle monete tradizionali, ciononostante è possibile acquistarle e venderle come qualsiasi altro bene è anche possibile negoziare sui movimenti di prezzo di varie criptovalute attraverso i Cfd.”
Le criptovalute non subiscono l’inflazione? È facile scambiarsele?
Altri vantaggi delle cripto è di essere limitate, non sono infinite. Ad esempio di Bitcoin ce ne sono 21 milioni. Mentre nelle monete fiat c’è una quantità infinita (potendone stampare a oltranza) e possono perdere valore nel tempo, mentre nelle criptovalute è più probabile il contrario. Queste monete forniscono tramite la crittografia la possibilità di avere il completo controllo del proprio portafoglio digitale (wallet). E costituendo il proprio wallet non si dà nessun dato sensibile di sé stessi, in più vengono generate chiavi private non raggiungibili per aumentare la sicurezza dei propri risparmi. Visto che le chiavi stanno sul proprio dispositivo non possono essere sequestrate e la lista di parole che ti viene fornita per la registrazione contiene in pratica tutti i soldi che si posseggono sul wallet. Tutto ciò ti permette un totale controllo di soldi e di transazioni ma può esserci un totale anonimato solo con alcune criptovalute.
«Sono molto diversi dalle monete tradizionali – spiega Cimatti – ma è possibile acquistarli e venderli come qualsiasi altro bene. Inoltre sono limitati, non sono infiniti. Per ora pochi negozi accettano criptovalute e nella nostra azienda cerchiamo di utilizzarle per pagare i docenti. Ho notato che le persone che investono o sono molto giovani o hanno tra i 40 e 50 anni, ossia persone con una certa stabilità economica A mio parere per investire in maniera intelligente se non si è trader esperti bisogna fare un vestimento a lungo termine su certe “coin” per prendere piccole quantità ogni mese e arginando i grandi rischi. In Libano e in Turchia si sta diffondendo molto e la moneta, lo stato di El Salvador al momento possiede 700 Bitcoin con un prezzo che negli ultimi mesi sta oscillando da 45 a 35mila dollari per una moneta».
Francesco Garavini