Dopo due anni di mascherina e un paio di famigerate iniezioni di AstraZeneca, l’inverno appena avviato non poteva portare paure eccessive. E invece… e invece ecco arrivare un po’ di tosse e due linee di febbre. Mi reco a fare un tampone in farmacia e la sentenza è scritta: positivo.
Ma ora occorre il riscontro molecolare. Il medico, che ho subito contattato, indica venerdì 7 gennaio, al pomeriggio al drive through del pala De André.
I giochi iniziano alle 14, ma a quell’ora, siamo già la coda del serpentone di auto che termina fuori dal grande parcheggio dell’impianto di Ravenna. In auto con me moglie e un figlio. Un po’ di compagnia, nel comune destino che ci attende alla testa di quel serpentone. I cellulari mantengono in linea nipoti, suocera e amici.
Lentamente si avanza. C’è ordine.
Il tempo passa. Sono le 16, e dopo due ore siamo giunti a metà piazzale.
Un bimbo approfitta del sole e, sotto gli occhi dei genitori dall’auto, si sgranchisce in un angolo dove le auto non hanno accesso. Accenna a una breve corsa. E si guarda intorno un po’ smarrito.
La meta si avvicina. E cresce il dubbio: tampone nel naso o in gola? Dipende da chi c’è al punto prelievi, è la risposta che trovo. Il sole scende lento all’orizzonte, dietro i tetti della città. E intanto siamo quasi arrivati al tendone finale. Sanitari in tuta bianca ci invitano ad avvicinarci. Abbassiamo il finestrino e consegniamo le tessere sanitarie. Riscontro elettronico e poi la raccomandazione: «Tenere la maschera sulla bocca e lasciare libero il naso. Domani avrete l’esito sul fascicolo sanitario elettronico, o dal medico via telefono». Pochi minuti e via. Ringraziamo e auguriamo buon lavoro.
Per noi è finita, ma il serpentone che abbiamo risalito in poco meno di quattro ore, in un pomeriggio di sole, è ancora lì, sotto le prime luci della sera.
E quando anche oggi dovesse a un certo punto fermarsi, domani riprenderà a muoversi per altre centinaia di molecolari da fare.
Noi stessi sappiamo che dovremo tornare nei prossimi giorni.
Giulio Donati