Adrenalina, capacità di calcolo, freddezza. Sono queste le emozioni contrastanti che si provano sulla pista di un Gran Premio e che accomuna tanto i piloti quanto gli ingegneri e tecnici al muretto. C’è a chi batte il cuore a mille mentre è sulla vettura in attesa dello spegnimento dei semafori rossi, e chi allo stesso modo prova emozioni uniche nel capire come risolvere in pochi secondi un imprevisto che può segnare una stagione.
E proprio il muretto della pista, là dove si decidono strategie e si vive il senso di un team in cui ognuno è un tassello fondamentale, è uno dei luoghi a cui è più legato il faentino Massimo Rivola. Sarà lui, oggi amministratore delegato dell’Aprilia Racing, a ricevere il 21 dicembre il Trofeo Bandini assieme a Stefano Domenicali. Una vita dedicata al mondo dei motori, prima nella Formula 1 e oggi nella MotoGp.
E i primi passi non potevano che essere mossi in quella realtà solo all’apparenza visionaria che era il Minardi di team.
Massimo Rivola, una carriera nelle corse
«Da faentino appassionato di motori – racconta Rivola – ho sempre avuto come riferimento l’impresa a cui era riuscito a dare vita Gian Carlo Minardi e l’ho sempre visto come un esempio da imitare, un grande talent scout». Nel 1998, a 27 anni, ha iniziato a lavorare per la Minardi nell’Ufficio Marketing. Veloce come i piloti in pista, capisce subito che nel lavoro all’interno della scuderia bisogna sfrecciare, imparare dai migliori e continuare a crescere. Diventa così direttore sportivo e team manager nel 2005. Un ruolo variegato e complesso. «È importante conoscere le regole della Formula 1, come e perché sono nate, ma non tutto si acquisisce con lo studio, l’esperienza è fondamentale. Conoscere le piste, interpretare i giudici durante la gara e la gestione del rapporto con i piloti. Far capire che sei loro alleato, armarsi di ascolto e pazienza, con tanti di loro ho tutt’ora un ottimo rapporto». E ha un luogo privilegiato per fare esperienza, la scuderia di Faenza fucina di giovani talenti e campioni del mondo (Alonso, Vettel e da domenica scorsa Verstappen)
Poi la scuderia divenne Toro Rosso, si ebbe un ulteriore salto di qualità che portò a Rivola quella che è forse la più grande emozione sportiva di sempre: la vittoria di un Gran Premio. A Monza, il 14 settembre 2008, a tagliare per primo il traguardo fu il 21enne Sebastian Vettel. Faenza, pur con una proprietà diversa, era in cima al mondo. «Tutt’ora rivedo quelle immagini e mi emoziono ancora in maniera indescrivibile – commenta -. Accanto a me, al muretto, c’erano persone che piangevano. Era il punto di arrivo di tanti anni trascorsi nella scuderia Minardi. Mi sono tornate alle mente tutte le persone con cui ho lavorato assieme. La cosa fantastica è stata che abbiamo vinto quel Gran Premio senza rubare niente, dalla pole all’ultimo giro».
L’approdo a Maranello
E poi l’approdo al mito: la Ferrari. «Nel 2009 arrivò la chiamata di Stefano Domenicali – ricorda – che avrebbe preso il posto di Jean Todt. Per me, anche qui, è stato il raggiungimento di un obiettivo, lavorare in Ferrari come direttore sportivo è qualcosa di incredibile.
È stata un’esperienza molto formativa anche dal lato umano: la Ferrari non è una semplice scuderia, è di più. E in quegli anni i tifosi ci sono sempre stati vicini». Tante soddisfazioni, ma anche qualche delusione, che fa parte del gioco.
«Gli anni con Fernando Alonso sono stati tra i più belli. È il pilota più completo con cui abbia mai lavorato, un grande professionista. Con il contributo di Felipe Massa (che mi soprannominava ‘poliziotto’ perché di fatto ero ‘l’uomo delle regole’ al muretto) siamo arrivati a sfiorare il mondiale. Tra i miei rimpianti più grandi c’è l’errore di scuderia, ad Abu Dhabi nel 2010, con cui abbiamo fatto perdere Alonso e il Gp a San Paolo, nel 2012 dove perdemmo il mondiale all’ultima gara».
Negli ultimi anni in Ferrari ha curato in particolare la formazione dei giovani piloti, grazie a lui si deve il lancio di Charles Leclerc.
Dalle quattro alle due ruote
Per Massimo ora si è aperta una sfida all’Aprilia Racing, dove è ad dal 2019, a cui ha portato il primo storico podio nell’agosto scorso col pilota Espargaró. E il 21 dicembre una nuova tappa di questa carriera. «Ricevere il Trofeo Bandini, e per di più con Stefano Domenicali, per me è un’enorme soddisfazione: di solito ero io a portare i piloti a ricevere il trofeo… ».
Samuele Marchi