Diciamolo chiaramente. Siamo tutti stanchi! Penso alla stanchezza più pesante e difficile da riconoscere che nasce dall’affrontare situazioni difficili e prolungate. Pensate agli ultimi due anni. Arriva un virus che ci coglie impreparati e fa una strage; poi arrivano i vaccini e in parte, per fortuna, ci salvano; poi una dose non basta, e allora si fa il richiamo; poi ci sono quelli che scelgono di non farlo e allora altri devono farne di più; poi ci sono le proteste di chi non accetta la situazione, e le proteste di chi non accetta le proteste; poi arrivano le varianti, che però non fanno paura finché non ne arriva una che manda in crisi tutto quanto, e fa sembrare inutile ogni sforzo finora fatto.

Non è mai finita. E non solo a causa della pandemia.

Ogni giorno, gruppi di profughi che vengono sbattuti alle frontiere dell’Europa che non li vuole e li rimanda indietro a quelli che a loro volta non li vogliono, e intanto chi ci rimette sono i più poveri e i più piccoli, lasciati a morire di fame e di freddo. E poi quelli che si avventurano per mare, pensando di poter essere in qualche modo salvati e portati a destinazione in un luogo sicuro e confortevole, che di confortevole e sicuro non ha proprio nulla.

E poi ci si mettono le cronache di vita pseudo-familiare, con una donna ammazzata tra le mura domestiche ogni tre giorni, con bambini eliminati da padri accecati d’odio dalla gelosia.

Non resterebbe che guardare al Cielo, come ci sollecitava la prima lettura della I domenica di Avvento. Guardi al cielo e invece vedi trombe d’aria marine, tempeste tropicali in pieno autunno, inondazioni a causa di ruscelli ridotti in siccità che d’improvviso si gonfiano come fiumi navigabili e trascinano via tutto.

Sembra che non ne vada bene una… nemmeno i sorteggi per gli spareggi della Nazionale di calcio.

Quello che però mi sembra non funzioni più è la capacità di fare progetti, di programmare così che dietro questa stanchezza si scopre una insostenibile e malinconica rassegnazione.

Ma il Tempo di Avvento ci invita a guardare avanti e ad alzare veramente gli occhi. Noi che ci sentiamo “affaticati ed oppressi” ritagliamoci un po’ di tempo da dedicare allo Spirito. Prepariamoci a un Natale autentico, perché la nostra stanchezza, che forse cominciamo a percepire anche nella nostra pastorale parrocchiale, non si trasformi in un prolungato letargo dell’anima.