Quelle del 6 gennaio 2021 erano le prove generali, l’inizio e non certo la fine delle iniziative di Donald Trump. Fallito il suo tentativo di rovesciare il voto del 2020, ora guarda alle elezioni del 2024 e lavora – costi quel che costi – per vincere. Dismessi gli sciamani con le corna, questa volta l’architettura messa in campo è sofisticata: supera il dilettantismo degli ultimi mesi del 2020 e punta a un disegno di ampio respiro per controllare il sistema di conteggio e certificazione dei voti nei singoli stati americani. Entra cioè nei gangli (fragili) dei singoli meccanismi elettorali, soprattutto in quelli degli Stati in bilico (i celebri Swing States) più o meno gli stessi in cui, nel 2020 Trump aveva sostenuto la sua fallimentare battaglia fatta di ricorsi e carte bollate. Stavolta non vuole più sbagliare.
Secondo Robert A. Pape, studioso che guida l’University of Chicago Project on Security and Threats, o Cpost, l’attacco al Campidoglio non è stato un punto di arrivo, ma l’inizio di qualcosa di molto inquietante. Lo suggeriscono gli argomenti retorici scelti da Trump, che fanno leva sulla paura dei bianchi di perdere rilevanza sociale e politica di fronte alla popolazione nera e latina, chiamano a una lotta in difesa della patria e puntano il dito contro un’élite complice che asseconda questo disegno politico.
Il risultato è che un pezzo d’America, spaventato dalle tendenze demografiche di lungo periodo, ha abbracciato la figura di un capo carismatico pronto a rovesciare la democrazia per riprendersi la Casa Bianca. La sua seconda mossa, collegata alla prima, è quella di aver mantenuto il controllo del partito, nonostante tutte le sconfitte che ha rimediato tra le elezioni di novembre e la proclamazione di Biden a gennaio.
Donald Trump può allora mettere in atto il terzo punto del suo piano, anzi: lo sta già facendo. In un certo senso, è la riedizione delle azioni convulse e disordinate messe in piedi dal suo team nei mesi successivi alla sconfitta. Secondo la Costituzione, tocca ai parlamenti dei singoli Stati federali decidere le regole con cui si scelgono i grandi elettori. Dal XIX secolo a oggi questo compito viene affidato ai cittadini: vengono certificati cioè quelli del candidato che ha preso più voti. Tuttavia la Suprema Corte ha ricordato, nello scontro tra Bush e Gore dell’anno 2000, che uno Stato “può sempre riprendersi questo potere”. E anche se nessun tribunale o corte avesse mai dichiarato che lo possa fare anche dopo che i cittadini hanno votato, Trump e il suo team volevano arrivare proprio qui. Ribaltare la volontà popolare sulla base di qualche pretesto, o cavillo, e impadronirsi degli Stati in bilico finiti a Biden.
Gli effetti si vedono già. In Arizona, il parlamento ha fatto passare una legge che impedisce al segretario di Stato di prendere parte sui ricorsi elettorali (cosa che aveva fatto nel 2020). Non solo: l’assemblea sta discutendo su un provvedimento per rivedere le proprie prerogative e, nel caso, allargarle. L’idea è di “poter revocare la certificazione di un grande elettore data del segretario di Stato per voto di maggioranza, in qualsiasi momento prima dell’insediamento del presidente”. In altri 15 Stati sono state proposte nuove leggi per spostare l’autorità sulle elezioni dai governatori all’assemblea. In altri ancora sono state riscritte le regole elettorali per impedire ai cittadini democratici di votare, oppure ridisegnando i collegi in modo arbitrario. In Georgia una nuova legge garantisce a un board di intervenire su tutti i consigli elettorali dello Stato, anche provvedendo alla sostituzione dei loro membri.
La macchina è avviata. La verità è che la democrazia americana, dopo le prove del 2020, è a rischio. Donald Trump, spesso bollato come un personaggio inaffidabile, rappresenta la minaccia più seria degli ultimi anni. E il vantaggio che viene dato nei sondaggi per le elezioni di mid-term al suo partito darà ancora più forza al suo piano. Nel 2024, con il sostegno di cui gode e con la forza della sua propaganda, Donald Trump potrebbe vincere le elezioni anche in modo legale.
Ma non vuole correre nessun rischio.
Tiziano Conti