L’uomo nel corso della storia è sempre stato affascinato dall’universo. Da Galileo Galilei a Stephen Hawking molti scienziati e studiosi hanno scoperto nuove leggi fisiche, parti del cosmo che non pensavamo neanche esistessero, capendone il funzionamento e trovandone un’utilità per il progresso tecnologico. Ed è quello che sta cercando di fare il progetto Juno (il più grande osservatorio sotterraneo di neutrini al mondo), del cui team fa parte il faentino Michele Montuschi, 38 anni. Ingegnere energetico laureato a Bologna nel 2011, in questo momento sta completando il dottorato di Fisica all’università di Ferrara. «Appena finito l’università, ho vinto una borsa di studio dell’Istituto nazionale di fisica nucleare presso i Laboratori nazionali del Gran Sasso -ci racconta -, dove mi sono occupato di un esperimento per la misura del flusso di neutrini provenienti dal sole».

Il progetto Juno: in Cina la frontiera mondiale della ricerca

Da gennaio Michele tornerà nella regione dello Jiangmen (Cina meridionale) a seguire il progetto Juno, a cui collaborano diversi Paesi al mondo. Il progetto si avvale di due centrali nucleari distanziate 53 km l’una dall’altra, e al centro di questi esperimenti ci sono i neutrini, particelle subatomiche di massa piccolissima. «Ne esistono di tre tipi dei quali però non si conosce la gerarchia di massa. Lo scopo del progetto è definire l’ordine delle masse dei neutrini, dal più pesante al più leggero -continua il ricercatore -, ma ha anche un aspetto più profondo. Le leggi universali di conservazione stabiliscono che tutte le volte che l’energia si trasforma in materia (come nelle reazioni nucleari) si genera anche antimateria, ma nell’universo non è possibile osservare corpi composti da sola antimateria. Perciò questa simmetria tra materia e antimateria nei momenti immediatamente successivi al Big bang deve essere stata violata. La conoscenza della gerarchia di massa potrebbe aprire la strada a nuovi esperimenti che potrebbero indagare su questa discrepanza tra teoria e osservazione».

Intervista al ricercatore faentino Michele Montuschi

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In che modo Juno può aiutarvi nella ricerca?

Juno può misurare i neutrini che provengono da tutti i corpi che ne emettono una quantità considerevole, come supernove, elementi radiativi naturalmente presenti in natura come l’uranio o, come in questo caso, centrali nucleari. I neutrini durante il loro movimento possono cambiare stato. Al centro degli esperimenti c’è Detector, una sfera di 23 metri di diametro (come un palazzo di otto piani) posta a 600 metri sottoterra. Questa sfera è riempita di un liquido composto da molti idrogeni. Quando un neutrino colpisce un idrogeno, nello scontro si emettono fotoni (un impulso luminoso): questi attivano dei fotomoltiplicatori che mandano un segnale e ne registrano i valori.

Di cosa ti occupi nello specifico?

Il mio compito è mettere a punto degli impianti di produzione del liquido scintillatore, con lo scopo di rimuovere da questo le tracce di contaminazione di particelle radioattive naturalmente presenti nell’ambiente che potrebbero dare un segnale più forte di quello prodotto dai neutrini all’interno del rivelatore inquinando così i dati. Inoltre, per schermare il Detector dai raggi cosmici, Juno viene situato sottoterra.

Che aspettative avete sul progetto?

È uno degli esperimenti più importante a livello mondiale sui neutrini, la ricerca è partita nel 2019 ma la raccolta dati inizierà a breve e durerà almeno cinque anni. Juno è un esperimento di frontiera della fisica: Albert Einstein ha vinto il Nobel per l’effetto fotoelettrico che non aveva un utilizzo immediato nella tecnologia, ma che adesso è alla base dei pannelli fotovoltaici. Per questo bisogna puntare sulla ricerca continuando a scoprire nuovi elementi di ciò che ci circonda.

Chi c’è dietro alla ricerca?

Promotrice principale dell’esperimento è la Cina con, al secondo posto, l’Italia. Sono presenti anche Germania, Francia, Usa, Finlandia, Rep. Ceca, Cile. Ci sono tanti italiani nel team: metà dei componenti è cinese e l’altra metà di altri Paesi; il personale conta dalle 500 alle 1.000 persone. Il finanziamento totale dell’esperimento è dell’ordine delle centinaia di milioni di dollari.

Sei già stato in Cina?

L’ultima volta nel gennaio 2020. La Cina è molto bella, ricca di storia e con molte culture diverse. Si sente il regime autoritario che comanda, ma pur nelle restrizioni, è un posto bello innovativo. Ci sono anche molte contraddizioni: dalle città grandi a quelle piccole la vita è completamente diversa.

Quale ruolo può avere il nucleare come fonte di energia nel futuro? E, infine, pensi che i ricercatori italiani siano sufficientemente valorizzati?

Essendo un ingegnere energetico, nel mio corso di studi ho approfondito le centrali nucleari. La mia opinione è che nel breve termine il carbone e il petrolio saranno dismessi e non vedo altro oltre al nucleare per soddisfare le esigenze. Il rinnovabile va bene, ma non per tutto: non sempre c’è modo di installare un pannello solare. È giusto che ci sia una “fuga di cervelli” all’estero, ma ci dovrebbe essere anche un’entrata di persone verso l’Italia; purtroppo ci mostriamo poco attrattivi per gli stranieri.

Francesco Garavini