Martedì 2 novembre il vescovo Mario Toso ha celebrato la messa in Commemorazione dei fedeli defunti alla chiesa dell’Osservanza di Faenza. Di seguito riportiamo l’omelia della celebrazione. A seguire si è svolta in processione la benedizione delle tombe.
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L’omelia del vescovo Mario
Cari fratelli e sorelle, ogni anno ci affrettiamo a giungere sin qui, presso il cimitero, per offrire il nostro tributo di riconoscenza e di affetto ai nostri cari defunti. Ci muoviamo quasi silenziosi, le parole si affievoliscono, ci attardiamo presso le tombe attoniti, collochiamo i nostri fiori per dire il nostro affetto a coloro che ci hanno generato ed amato. Non è certamente sbagliato pensare che per coloro che ci hanno accolto tra le loro braccia quando siamo nati, siamo noi i loro fiori più belli, ricercati ed attesi. Noi Chiesa oggi, ancora una volta, in particolare in un tempo di pandemia, ci riuniamo come popolo, come partecipazione a Cristo, morto e risorto, come comunione che abbraccia le generazioni, tenendole legate da vincoli di solidarietà e di tenerezza. Anche quest’anno, dunque, riviviamo il mistero della Chiesa che: ritorna prima accanto al luogo del riposo temporaneo dei suoi figli e delle sue figlie; celebra l’Eucaristia, mistero di unità tra i vivi e i morti, medicina di immortalità; e, poi, si snoda come processione orante e benedicente tra le tombe, quasi per accarezzare le persone che vi dormono il sonno della pace. La Chiesa, di fronte alla tragica esperienza della morte, ci ammaestra, ci spalanca gli occhi, oltre le porte dell’oltretomba. È madre che non dimentica i suoi figli, piccoli e grandi. Se nell’arco dell’anno liturgico non si scorda mai di pregare per loro, offrendo il sacrificio del Signore Gesù, giunge il momento autunnale in cui si acuisce il suo ricordo, si strugge nelle lacrime e intensifica la sua preghiera, che ci ricorda la nostra fragilità, ma soprattutto ci conferma nella certezza che in Cristo siamo co-sepolti e co-risorti.
L’incontro con i nostri cari non è un rinchiuderci nella tristezza e nel ricordo del passato, sbiadito sì ma sempre bello, capace di farci commuovere e intenerire, di farci salire un nodo in gola. Esso ci apre sullo scenario di un futuro glorioso e trionfante. Ci attende, infatti, un’altra dimora, piena di luce e di vita. Si tratta di una dimora definitiva, ove si realizza il nostro compimento in Dio, ove palpita eternamente l’amore di Dio per noi. Ove la misura infinita della sua generatività continua a espandersi in un’incessante processo di mirabili prodigi di comunione tra Dio Padre, Figlio e Spirito santo, tra Dio e la sua famiglia, che esulta per l’immenso dono ricevuto e a Lui lo restituisce. Venire al cimitero, vivere la celebrazione del mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione di Cristo, assieme ai nostri fratelli e sorelle defunti, ci sprona a vivere nel tempo e a costruire il Regno di Dio. Ci sollecita alla partecipazione dell’incarnazione e alla ricapitolazione di tutte le cose in Cristo. Si tratta di un tempo di impegno tragico ed eroico perché, come ci ha insegnato Cristo, siamo chiamati a prendere su di noi la sua croce, a combattere con Lui contro il peccato e il male che feriscono ed abbruttiscono noi stessi, le nostre famiglie, il creato. Cristo, dopo la sua risurrezione, come raffigura il dipinto del Beato Angelico a Firenze, non si assenta dalla storia. Il Risorto, pur divenuto invisibile, è presente in essa, porta una zappa sulla spalla per dire che Egli continua il suo lavoro di redenzione e di trasfigurazione del mondo. Assieme a Lui siamo chiamati ad operare, ad inoltrarci nella sua incarnazione, nel tempo delle future generazioni. I nostri defunti, mentre erano in questa terra, sono stati coinvolti in un evento di redenzione continua, di nuova ed incessante creazione. Grazie al dono dello Spirito santo hanno operato per far sì che la fornace ardente dell’amore di Cristo raggiungesse tutti i popoli, riunendoli in un’unica famiglia di pace, nel circolo d’amore della famiglia trinitaria.
I nostri fratelli, che ci hanno preceduti nel segno della fede, sono stati di fatto protagonisti di una Chiesa che si è mossa tutta insieme. Preghiamoli perché ci aiutino a compiere bene il nostro cammino sinodale, per continuare nel tempo e nei luoghi di vita la nuova creazione.
+ Mario Toso