Quando san Domenico muore, il 6 agosto 1221, benché fondatore di un Ordine già diffuso in tutta Europa, non possiede né una cella né un abito religioso decente. La sua tonaca è talmente vecchia e rattoppata che, per esporre dignitosamente la salma, i frati sono costretti a cambiargliela. Non ancora cinquantenne (secondo gli ultimi studi era nato tra il 1172 e 1174, ndr), logorato da continui viaggi e dalle missioni apostoliche intraprese sempre con tanto entusiasmo, Domenico giunge al convento di Bologna a fine luglio del 1221: è così stremato che un confratello gli cede il proprio letto. Lì, attorno a quel giaciglio in prestito, il 6 agosto raduna i frati per un ultimo saluto e spira la sera stessa, festa della Trasfigurazione, cornice provvidenziale che sigilla la sua vita tutta nascosta nella luce.
È il padre dei predicatori, ma non ha lasciato quasi nulla di scritto; nessuno si è mai preoccupato di raccogliere appunti delle sue omelie o di conservare i suoi insegnamenti. Di lui abbiamo soltanto racconti di altri e soprattutto la sua vita, il suo modo di porsi, i suoi gesti e le sue scelte. I testimoni oculari presenti accanto a Domenico morente – tra cui il “nostro” fra Rodolfo di Faenza – sono concordi nel trasmetterci con esattezza il suo “testamento”, un’eco fedele del cap. 17 del vangelo di Giovanni: «Padre, custodisci quelli che mi hai dato… consacrali nella verità, la tua parola è verità». Con l’aggiunta di una consolante promessa: «Vi sarò di aiuto più dal cielo che sulla terra».
È diventata il cuore della preghiera a cui da ottocento anni si appellano domenicani e domenicane sparsi nel mondo: «O spem miram! Che meravigliosa speranza hai lasciato ai tuoi figli in pianto! Ora fa’ quello che hai detto e soccorrici con la tua intercessione». Oggi lo capiamo così: san Domenico dal cielo ci contagia con la sua serenità e ci aiuta a sbaragliare le dimensioni piatte, ristrette e senza profondità dell’esistenza. In punto di morte sente l’ampiezza in cui sta per entrare e ci incoraggia: «Invocatemi perché lo splendore dell’Altrove si realizzi qui, ora, per il bene dell’umanità». Perché vivere non è solo respirare, mangiare, dormire, predicare, ma conoscere Dio ed entrare sempre di più nell’immensità del suo Mistero.
Ottocento anni dopo vi invitiamo a pregare con noi per sentire risuonare insieme la promessa di san Domenico e ricordarci a vicenda che viviamo a cielo aperto.
Ecco la vita eterna. Adesso!
Le sorelle del monastero domenicano Ara Crucis
La preghiera delle sorelle dell’Ara Crucis
In occasione degli 800 anni dalla morte di san Domenico, venerdì 6 agosto alle 18 le sorelle dell’Ara Crucis recitano un Rosario nel giardino del monastero (via degli Insorti, 27).