La “Cattedrale del calcio”. Così è stato definito lo stadio di Wembley da Pelè, per descriverne l’atmosfera che per gli appassionati non è cambiata neppure con la demolizione nel 2003 del vecchio impianto e l’inaugurazione, nel 2007, della nuova struttura. Sull’erba di questo stadio le squadre italiane hanno vissuto alcuni dei capitoli più importanti della loro storia.
Wembley fu costruito in occasione dell’Esposizione universale di Londra del 1924 per volere di Giorgio VI, all’epoca Duca di York, padre della attuale Regina Elisabetta. Alla prima partita ufficiale, la finale di FA Cup del ’23 tra West Ham e Bolton, lo stadio entrò subito nella storia, segnando il record assoluto di spettatori: 126.945 persone presenti. Quarant’anni dopo l’inaugurazione, Wembley è stato teatro di una vittoria storica per una squadra di club italiana, il Milan, che si aggiudicò per 2-1 la finale di Coppa Campioni del 1963, contro il Benfica, con doppietta di Altafini dopo il vantaggio portoghese di Eusebio.
Bisognerà attendere tre anni perché Wembley assuma i contorni di palcoscenico celebrativo anche per la Nazionale inglese. Nel Mondiale di casa del 1966 i “Tre Leoni” batterono la Germania di un giovane Franz Beckenbauer per 4-2, in uno dei match più discussi di sempre. Dopo la fine dei tempi regolamentari, al primo supplementare Geoffrey Hurst segna il “gol fantasma” per eccellenza. La rete dell’inglese arriva dopo un controllo di palla nell’area avversaria e una botta di destro che colpisce l’interno della traversa: non si riuscirà mai a stabilire con certezza se avesse passato la linea bianca oppure no.
La prima vittoria azzurra a Wembley arrivò mercoledì 14 novembre 1973: me la ricordo bene. Vidi la partita in un bar di Tai di Cadore, dove stavo terminando il mio servizio militare: mi sarei congedato la domenica successiva. L’occasione fu la serie di due amichevoli organizzate per celebrare i 75 anni della Figc. A cinque giorni dalla vittoria azzurra sul Brasile (2 a 0, in goal Riva e Capello), Inghilterra-Italia si giocò al freddo, nella più tipica delle serate londinesi. Gli inglesi definirono gli Azzurri, reduci dal fallimento all’Europeo del 1972, “una squadra di camerieri”. Giorgio Chinaglia servì l’assist a Fabio Capello che, su ribattuta del portiere Shilton, siglò il gol che segnò la prima vittoria della Nazionale azzurra in terra inglese.
L’epopea tra Italia e Inghilterra nel vecchio Wembley si chiuse nel febbraio 1997, durante le qualificazioni per il Mondiale di Francia dell’anno dopo: l’Italia batte ancora gli inglesi, 1-0 con gol di Gianfranco Zola.
Lo stadio di Wembley è anche un luogo che rappresenta il passato e il futuro dell’attuale commissario tecnico dell’Italia Roberto Mancini e di uno dei suoi assistenti, Gianluca Vialli. Uno scherzo del destino, di sicuro un’occasione: a Wembley, nel maggio del 1992, la Sampdoria campione d’Italia si fermò a un passo dalla storia, venendo battuta in finale di Coppa dei Campioni (l’ultima, prima della Champions) dal Barcellona. La rete dell’1-0 che decise il match venne segnata al 112° minuto da Ronald Koeman, punta di diamante di una squadra che Johan Cruijff aveva plasmato a immagine e somiglianza del calcio totale olandese.
Ora proprio “i gemelli del gol”, Mancini e Vialli, si sono presi la rivincita, stavolta non con gli inglesi, ma con gli austriaci e – più in generale – con la storia.
I goal della vittoria, segnati da due ragazzi entrati verso la fine del match, la dicono lunga su quella famosa frase del loro maestro, Vujadin Boškov: “Partita è finita quando arbitro fischia”.
Nel calcio, come nella vita!
Tiziano Conti