Dopo mesi in cui la parola “viaggiare” era uscita dai nostri vocabolari, ora si può tornare a riprendere lo zaino in spalla per mettersi in cammino lungo le tante vie di pellegrinaggio che animano i nostri territori. Non una semplice vacanza per riempire le ferie: dietro a ogni cammino c’è un viaggiatore desideroso di percorrere sentieri nuovi, comunità ricche di storia e cultura, e una rete che arricchisce tanto chi viene accolto quanto chi accoglie. Con don Tiziano Zoli, incaricato della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna per il turismo, sport e tempo libero, approfondiamo le opportunità offerte dalla Romagna in questo ambito.

L’intervista a Don Tiziano Zoli

Don Tiziano, anche i cammini religiosi provano a ripartire. Che significato può avere questo tipo di esperienza, nell’epoca della pandemia?

I cammini, o per meglio dire ‘le vie di pellegrinaggio’, per molti sono una forma di turismo low cost. In tempo di pandemia e di distanziamento sociale sono un’opportunità di vacanza che possono fare tutti. Ma per noi cristiani rappresentano molto di più. Molti sono il collegamento di un territorio con Roma, altri sono legati alla figura di un santo (Vicinio, Pier Damiani, Antonio di Padova, Francesco di Assisi). Tutti i percorsi sono un’opportunità per i territori e le comunità cristiane più piccole per essere accoglienti e valorizzare il proprio patrimonio culturale. Per chi cammina è l’occasione per mettersi in cammino anche con l’anima.

Come si sono mossi in questi anni gli enti istituzionali per valorizzare il turismo religioso?

In generale il turismo religioso ha conosciuto un notevole sviluppo, perché la vacanza non è più solo occasione di divertimento o un tempo per il benessere fisico, ma ogni persona cerca di riscoprire quella bellezza che dà speranza, soprattutto dopo tanto tempo di chiusura e di lockdown. Già da tempo la Regione, l’Apt e la Conferenza episcopale dell’Emilia-Romagna collaborano per creare una sinergia che renda turisticamente fruibile e pastoralmente efficace la ricchezza culturale e spirituale della nostra terra. Per quanto riguarda le comunità locali, dalla collaborazione fra le sette diocesi della Romagna, riunite nell’Opera Pellegrinaggi della Romagna, ognuna ha attivato il proprio Ufficio turismo e pellegrinaggi, così da rendere più concreto questo impegno. Infine sono in rete due siti camminiemiliaromagna.it e monasteriemiliaromagna.it dove è possibile trovare informazioni, tradizioni e iniziative.

Quali sono gli aspetti su cui puntare per il futuro?

Userei tre parole: rete, accessibilità e comunità. Mettere in rete i cammini diventa fondamentale, non solo per questioni promozionali, ma perché consente lo scambio di esperienze e iniziative, riprendendo quello che le vie di pellegrinaggio già costituiscono. Ogni via non è a sé stante, ma è in collegamento con quelle vicine. Questo rende le informazioni più accessibili, ma non basta. Ogni turista, di qualsiasi nazione sia (e vi assicuro che sono in netto aumento), ha bisogno di una fruibilità delle informazioni (anche didascalie almeno in inglese e francese) e di una comunità religiosa o meno, da incontrare. Ecco perché la parola comunità diventa fondamentale: i cammini creano comunità, la sostengono e l’arricchiscono. Non dimentichiamo che il periodo d’oro dei pellegrinaggi ha lasciato a ogni epoca tesori artistici e culturali inestimabili.

Che consigli daresti a chi si approccia a questo tipo di cammini?

Direi che la cosa migliore è partire con lo spirito aperto alle belle sorprese che ogni passo può riservare. E come seconda cosa direi la duttilità, perché il cammino non è un’impresa sportiva da vincere, ma un’opportunità da non perdere.

Come far sì che questi cammini e sentieri mantengano la loro essenza, senza snaturarsi?

Insieme all’Apt, come Ufficio regionale abbiamo redatto un disciplinare in cui ci siamo dati regole comuni, proprio con questo obiettivo. Non basta mettere in sinergia diverse realtà, ma è necessario avere una significativa offerta spirituale e culturale, con buone radici storiche. Perché, come mi ha detto un amico ‘viandante’, il cammino riuscirà a darti molto solo se sei disposto a lasciarti arricchire, altrimenti è solo esercizio fisico.

Proviamo a ipotizzare un itinerario nel ravennate e nel faentino. Quali tappe consiglieresti?

Ravenna si trova lungo la Romea Germanica ed è punto di partenza della Viae Misericordiae. Quindi si può partire da Ferrara verso Ravenna, oppure da Pomposa verso l’argine del Reno passando per le Valli di Comacchio. Da qui poi si scende verso Forlì o Cesena con destinazione Roma. Nel Faentino abbiamo due percorsi: la già citata Viae Misericordiae che da Madonna del Bosco (Alfonsine) attraversa tutta la diocesi fino all’Eremo di Gamogna per tornare poi alla Cattedrale; l’altro è invece trasversale al territorio della diocesi ed è il Cammino di Sant’Antonio che da Padova arriva a Monte Paolo.

E invece nel Cesenate?

Cesena vuol dire san Vicinio. E anche qui c’è un cammino molto bello, lungo oltre 300 chilometri, che parte e arriva a Sarsina.

Samuele Marchi