Gli studiosi dei problemi ecologici riconoscono che la famiglia svolge un ruolo importante nella tutela e nella promozione della biodiversità, dell’ecologia integrale. La missione ecologica della famiglia si esprime in particolare sul piano dell’agricoltura familiare.
Lo spessore valoriale, relazionale e culturale dell’agricoltura familiare
ù“Agricoltura familiare” è oggi un’espressione tecnica, dall’uso frequente nelle organizzazioni internazionali e nelle agenzie che si occupano di questioni agricole. La famiglia, però, nel gergo di funzionari e tecnici internazionali, corre il rischio di essere considerata come una mera unità di misura per elaborare statistiche e indicatori. Peraltro, l’agricoltura familiare, secondo alcuni, sarebbe sinonimo di limitatezza e di arretratezza, una tappa solo parzialmente soddisfacente, chiamata a evolvere verso qualche cosa di più moderno e strutturato. Orbene, la famiglia non può rimanere confinata in accezioni così aride, riduttive e fuorvianti. Nelle società più industrializzate, dominate da ideologie caratterizzate da un particolare tipo di relativismo individualista, libertario e materialista, di assolutizzazione della tecnologia, la famiglia appare fragile e liquida, assottigliata nella sua essenza morale, relazionale e culturale. La sua dimensione culturale si impoverisce, si svuota. Ciò nonostante, il suo valore e le sue potenzialità sono riconosciuti in molti luoghi. Occorre, allora, puntare con risolutezza sì sul concetto di agricoltura familiare, ma evidenziandone lo spessore valoriale e relazionale, nonché culturale, affinché una valida riflessione su questo tipo di conduzione possa contribuire maggiormente allo sviluppo del settore agricolo.
In un contesto in cui l’agricoltura ha sempre più bisogno del supporto di un’ecologia umana, attenta alla formazione morale delle persone, oltre a quella professionale, appare vitale il suo nesso con la famiglia, quale prima e fondamentale struttura della suddetta ecologia. A questo proposito, la tradizione del pensiero sociale cattolico può offrire all’espressione “agricoltura familiare” tutto quello spessore semantico ed etico che è vissuto da quell’unità che è il “noi” della famiglia rurale, in cui le persone si amano, in un mutuo potenziamento d’essere e di relazionalità, usufruendo di un substrato culturale e spirituale che il cristianesimo ha contribuito a sedimentare negli animi e nella sensibilità civile. È nella famiglia rurale, nel suo particolare milieu, che crescono nuovi protagonisti dell’agricoltura che, in un clima di amore per la terra, di fiducia nel dono di Dio all’uomo, concepiscono il loro lavoro come risposta alla chiamata della coltivazione del creato, con senso di umiltà, rispetto e di solidarietà intergenerazionale.
La difesa della famiglia rurale
È importante, allora, difendere la famiglia rurale da discriminazioni a livello di credito e di investimenti (pubblici e privati), da ideologie fuorvianti o da quelle tecnologie che assorbono il ruolo specifico e tipico del coltivatore diretto e la dimensione familiare nella struttura operativa del mondo dei produttori di cibo. Il lavoro dei campi coinvolge il nucleo della famiglia in una maniera del tutto particolare, in termini quasi di simbiosi con la terra, di riconoscenza nei suoi confronti, di esperienza privilegiata della presenza di Dio e del suo amore per le sue creature, di spiritualità vissuta nel grande tempio del creato, godendo e condividendo la bontà provvida del Signore della vita.
Giovanni Paolo II: “La famiglia è alla base di tutti i valori umani che l’agricoltura è anche oggi capace di salvaguardare
La famiglia, riconosce Giovanni Paolo II, «costituisce sempre la base di tutti i valori umani che l’agricoltura è anche oggi capace di salvaguardare». Non si deve, infine, sottovalutare che la conduzione familiare può contribuire a evitare fenomeni di concentrazioni di potere nella produzione alimentare e a difendere importanti valori culturali, la biodiversità e il lavoro indipendente.
Giovanni Paolo II è il pontefice che per primo esplicita in maniera significativa il “ministero” ecologico della famiglia, scrivendo chiaramente che essa è la «prima e fondamentale struttura a favore dell’ecologia umana».
Il male più grave della società occidentale, consiste – annota il pontefice polacco – nell’alienazione morale. Le sue forme di organizzazione, di produzione e di consumo, derivanti da un ethos intriso di relativismo e utilitarismo, non consentono alle persone di autotrascendersi, di vivere cioè l’esperienza del dono di sé, della formazione di un’autentica comunità umana, orientata al suo destino ultimo in Dio, prestando attenzione alla sua dimensione ecologica.
La presenza di famiglie unite e sane, strutturate in termini di amore e di solidarietà a livello di volontariato e di cooperazione, è la migliore garanzia contro ogni deriva individualistica o socio-sistemica. Esse rappresentano un efficace antidoto contro ordinamenti e istituzioni che umiliano la dignità delle persone e non coltivano la destinazione universale dei beni della terra, non vigilando adeguatamente su forme di accaparramento delle risorse e di comportamenti illegali. Contribuiscono alla costruzione di una società nuova: meno egoista, meno dilapidatrice delle risorse naturali, meno devastante per l’ambiente, più orientata ad uno sviluppo sostenibile, più etica nella sua vita e nelle sue strutture democratiche, più carica di speranza.