È la prima presidente donna della Provincia di Ravenna in 166 anni di storia. Valentina Palli, 40 anni il prossimo aprile, esponente del Pd, era stata rieletta prima cittadina di Russi nel giugno dell’anno scorso, mentre da novembre ricopriva il ruolo di presidente facente funzioni in seguito alle dimissioni di Michele de Pascale. Qualche giorno prima della sua elezione aveva subito attacchi social, perché accusata di portare la figlia piccola al lavoro.
Intervista a Valentina Palli: “Vorrei tanto che non fosse più necessario rispondere a domande sulla conciliazione vita-lavoro, perché ai nostri colleghi non vengono poste”
Presidente Palli, è soddisfatta?
Sono grata della fiducia che mi è stata accordata. Sento la responsabilità del compito, che svolgerò con il massimo impegno e determinazione e con la volontà di garantire alla Provincia la gestione lungimirante che ha avuto finora.
È la prima donna a ricoprire questo ruolo: sente una responsabilità particolare?
Sì, ma anche l’entusiasmo di essere la prima ad avere rotto questo soffitto di vetro. Non è sufficiente essere donna per assolvere al compito a cui siamo chiamate. Bisogna essere donna per le altre donne. Solo così si aprirà la porta ad una conduzione anche femminile dei ruoli dirigenziali, in ogni settore.
Riesce a conciliare la sua attività politica con la recente maternità?
Vorrei tanto che non fosse più necessario rispondere a domande sulla conciliazione vita-lavoro, perché ai nostri colleghi non vengono poste. Capisco però che siamo ancora lontani da questo risultato. Personalmente sono una mamma felice. Concilio le intense giornate grazie al supporto della mia famiglia, di mio marito, e a una buona dose di pazienza e fiducia. Si può fare tutto, se lo si desidera. Dobbiamo credere in noi stesse, abbandonare la “sindrome dell’impostore” che ci fa pensare di non essere abbastanza, di doverci sempre giustificare, di lavorare il doppio per poterci affrancare. Abbiamo dei limiti, come gli uomini: ogni tanto ci concentriamo solo sulla prima parte dell’inciso.
Ha subito critiche sui social perché l’hanno vista entrare in Comune con il passeggino. Perchè, secondo lei?
Ada è entrata con me in Comune quando aveva pochissimi giorni di vita. Evidentemente nel suo passeggino. Ha trascorso i primi mesi insieme a me, al lavoro. Per me è motivo di enorme orgoglio e la sua presenza è stata di stimolo per una maggiore attenzione alla mia comunità. Mi ha dato una nuova prospettiva verso esigenze, come sono quelle delle famiglie con bimbi piccoli, che prima non conoscevo così da vicino. Il fatto che mi si rivolgano attacchi – soprattutto quando questi arrivano da altre donne – perché ho portato con me mia figlia, altro non è che la dimostrazione di quanto siamo ancora lontani dalla visione di una società dove alle donne si garantiscono le medesime potenzialità degli uomini.
C’è ancora diffidenza nei confronti di donne che ricoprono incarichi pubblici?
Negli incarichi pubblici come nei ruoli apicali del privato, le donne sono a tutti gli effetti mosche bianche. Ci facciamo spazio spesso mettendo in campo moltissime competenze, abnegazione e determinazione. La diffidenza si dissolve quando si recupera lo spazio con autorevolezza. È un percorso più complesso di quello che deve affrontare un uomo, ma è entusiasmante e sfidante. Invito le donne che ci leggono a pensare a loro stesse con coraggio e voglia di raggiungere i propri obiettivi, senza farsi soverchiare dall’idea preconcetta che non potranno riuscire.
Barbara Fichera