Il rispetto nel mondo del calcio riguarda sia i giocatori che le famiglie. Tutti devono essere uniti e coinvolti senza eccezioni. Ed è quello che porta avanti ogni giorno la società del Borgo Tuliero di Faenza. Lo racconta l’allenatore Davide Vecchio con il quale abbiamo approfondito il tema del far play in ambito calcistico e giovanile. Davide è nato nel 1995 e allena nel Borgo Tuliero da ormai sette anni. Nei primi sei ha allenato i bambini della materna (4-5 anni). Da quest’anno invece ha iniziato ad allenare anche i ragazzi di III media e I superiore.
“Non è sempre semplice riuscire a interagire in modo positivo con gli adolescenti. Sono in una fase particolare della loro vita che è molto umorale per cui bisogna capirli e avere l’approccio giusto con ciascuno di loro”
Davide, cos’è per te il fair play?
Per me il fair play è correttezza e rispetto. Insegno ai ragazzi fin da subito questi valori, ma il discorso è molto più ampio. Riguarda le regole in campo e fuori, il rispetto degli orari e la cura del materiale sportivo. Non solo, bisogna rispettare tutte le persone che ruotano intorno al calcio come allenatori, arbitri, compagni di squadra e avversari. All’inizio dell’anno organizziamo riunioni con genitori, mister e dirigenti proprio sul tema del fairplay e della correttezza durante partite e allenamenti.
Come sta andando il Borgo Tuliero quest’anno e quali sono gli obiettivi?
Bene. I bambini sanno che il risultato conta fino a un certo punto: l’obiettivo è divertirsi e imparare a giocare in un ambiente sereno senza pressione e competitività. Ogni anno tendono ad aumentare gli iscritti. Per esempio quest’anno abbiamo circa 200 tesserati, questo vuol dire che la società Borgo Tuliero sta lavorando molto bene.
Prima di fare l’allenatore giocavi a calcio?
Si ho giocato nel Borgo Tuliero da quando avevo 6 anni fino alla II media, avevo circa 12-13 anni. Poi ha cambiato società perché non aveva più le categorie adatte e sono andato a San Rocco, la ex Faenza calcio. Ci ho giocato per due anni, per poi cominciare ad arbitrare.
Cosa ti ha spinto a diventare allenatore?
Mentre arbitravo mi sono iscritto all’Università in Scienze Motorie. Arbitrando vedevo il gioco da un punto di vista diverso. Ho deciso di fare l’allenatore per trasmettere quello che mi ha lasciato la bella esperienza da giocatore nel Borgo Tuliero. E poi c’era bisogno di allenatori come tuttora.
Cosa faresti se uno dei tuoi giocatori si comportasse in modo scorretto in partita?
Bisogna far presente al ragazzo l’episodio e aiutarlo a riflettere su ciò che è successo, sia che si tratti di una semplice presa in giro tra compagni, sia di un’espulsione durante una partita. Se non comprende subito l’errore, è importante riprenderlo con pazienza e cercare di capire le cause del suo comportamento scorretto. Potrebbe esserci un precedente emotivo che lo ha influenzato e se la situazione si ripete nel tempo è giusto coinvolgere anche i genitori. Questo aiuterà a mantenere un comportamento sereno nel gruppo e a evitare che il comportamento negativo incida sugli altri.

Qual è il tuo rapporto con le famiglie?
Molto buono. Il bello di allenare i piccolini è coinvolgere fin da subito le famiglie della nostra proposta sportiva. Tutto è facilitato quando si ha una buona relazione con le famiglie, che deve essere basata non solo sui momenti conviviali ma anche da tanta franchezza e verità per supportare i ragazzi nella loro crescita.
Qual è la cosa più difficile da allenatore?
Direi due cose. La prima è andare agli allenamenti o alla partita riuscendo a distaccare la propria vita privata e lavorativa concentrandosi solo su fare del proprio meglio per i ragazzi. La seconda è riuscire a interagire in modo positivo con gli adolescenti. Sono in una fase particolare della loro vita che è molto umorale per cui bisogna capirli e avere l’approccio giusto con ciascuno di loro.
La tua più grande soddisfazione da allenatore?
Vedere i ragazzi giocare, divertirsi e riconoscere in me come figura che li aiuta a vivere il calcio con gioia. Per i più grandi, invece, la soddisfazione sta nel vedere come le situazioni tecnico-tattiche provate in allenamento vengono poi applicate nelle partite. È davvero gratificante vederli migliorare con l’acquisizione di nuove competenze e consapevolezza del gioco.
Gabriele Girnet