Da una parte, luci ed effetti speciali che accompagnano l’arrivo di Gesù Bambino. Dall’altra, lo sguardo incantato di chi osserva quei piccoli personaggi meccanici muoversi con grazia, immersi in un’atmosfera di pace e serenità. È questa la magia del presepe animato della parrocchia di San Francesco a Faenza, un’opera che unisce tradizione e innovazione, iniziata da padre Giovanni Lambertini e oggi portata avanti con passione da Roberto Gorini e da Everdream aps (meglio nota in città come Christmas dancing lights, l’associazione che cura diversi spettacoli e allestimenti natalizi a Faenza, come i giochi di luci dell’albero di Natale in piazza).
Intervista a Roberto Gorini. Tra le novità, il personaggio dell’apicoltore

Roberto, come è iniziata la tua avventura con il presepe meccanico?
Tutto è cominciato nei primi anni Duemila, dopo la morte di padre Lambertini. Il presepe rischiava di essere abbandonato e, insieme a mio fratello e a un piccolo gruppo di amici, abbiamo deciso di recuperarlo. All’inizio è stata un’avventura: ogni pezzo da riparare richiedeva una precisione estrema e una grande dedizione. Negli anni abbiamo lavorato per migliorare la meccanica, mantenendo intatta l’estetica che Lambertini aveva immaginato, senza snaturarla. Mi considero ancora un ospite di quest’opera: il mio compito è custodirla e farla vivere, rispettandone lo spirito originale.
Quali sono le novità di quest’anno?
Stiamo lavorando su un nuovo personaggio, l’apicoltore, che porterà un tocco originale alla scena. Inoltre, abbiamo migliorato alcuni effetti speciali, come le nevicate create con schiuma fine, e stiamo progettando un’illuminazione a led per il futuro. Ogni anno cerchiamo di introdurre qualcosa di nuovo, mantenendo però la semplicità e la magia che contraddistinguono questo presepe. Si procede anche per sperimentazioni: un anno abbiamo provato a realizzare la neve col polistirolo, è non è andata bene. Da lì l’idea della schiuma fine: ci si ingegna sempre di più.

Cosa dà più soddisfazione nel tuo lavoro?
Vedere lo stupore negli occhi dei bambini e degli adulti. Quando qualcuno osserva i dettagli – le lucciole che brillano, il flautista che si muove con naturalezza – e non capisce “il trucco”, si crea un momento magico. È lo stesso spirito con cui da bambino guardavo il presepe di Lambertini: un’emozione autentica, che oggi cerco di trasmettere agli altri.
Quali le difficoltà maggiori?
Il volontariato legato ai presepi in generale, e a quelli meccanici in particolare, è in crisi: è difficile trovare nuove leve disposte a dedicarsi a un lavoro che richiede competenze artistiche e tecniche, oltre a tanta pazienza. Dopo l’alluvione è stato complesso: ci siamo trovati a lavorare quasi tutto l’anno scorso per salvare ciò che era stato danneggiato. È un impegno costante, ma ogni volta che riusciamo a rimettere in moto tutto, sento di aver fatto qualcosa di importante. Quando arriva il gran caldo dell’estate, per me è il segnale di rimettermi all’opera per progettare al nuovo presepe.

Cosa sogni per il futuro?
Mi piacerebbe portare avanti questa tradizione rendendola sempre più coinvolgente. Ho frequentato un corso di effetti speciali a Roma e sogno di inserire elementi di robotica avanzata, come volti animati che esprimano emozioni. Ma il vero obiettivo è continuare a trasmettere il messaggio di pace universale che il presepe porta con sé, avvicinando persone di ogni cultura e fede. Non è solo un’opera d’arte: è un omaggio al mistero del Natale e al senso profondo di gioia e pace che rappresenta. Ed è un peccato che, con la fretta che viviamo al giorno d’oggi, si perda questa tradizione anche nelle nostre case.
Il presepe animato rientra all’interno della Strada dei Presepi e sarà inaugurato il 24 dicembre alle 10, come ogni anno, con qualche sorpresa per chi verrà a visitarlo. E rimarrà visitabile fino al 6 gennaio, tutti i giorni (feriali 10-12 e 15-19; festivi 10-12.30, 15-19.30; domenica 12 e 19 gennaio dalle 15 alle 19.30. Gorini conclude così: «Spero che chi lo guarda riesca a sentire quella stessa serenità che provo io ogni volta che lo vedo. È questo il mio dono per Faenza».
Samuele Marchi