Questa settimana vi proponiamo l’intervista a una figlia della nostra Romagna emigrata nel Nord Europa, Finlandia per la precisione, per lavoro e non solo. Proprio il lavoro, però, non le consente di fare la casalinga. Anzi, le chiede tempo di stare ai poli e tempo per raccontare le sue scoperte in giro per il mondo. Lei è Roberta Pirazzini e il prossimo 26 dicembre sarà a Rossetta per un paio di settimane per incontrare parenti e amici.

Intervista alla ricercatrice Roberta Pirazzini, residente in Finlandia

Roberta, che lavoro fai?

Sono ricercatrice in fisica dell’atmosfera polare e lavoro nell’Istituto Meteorologico Finlandese di Helsinki. In pratica studio l’interazione tra l’atmosfera e la superficie di neve e ghiaccio, sia sugli oceani polari ghiacciati che sulla terra ferma. Continuo quindi lo studio che iniziai con la tesi di laurea in Fisica a Bologna, al Consiglio Nazionale di Ricerca, che includeva misurazioni atmosferiche raccolte vicino alle due basi italiane in Antartide (Mario Zucchelli e Concordia). Ti chiederai, ma perché studiare il clima polare, che è lontano da dove vive la gente?

Certo che sì. Grande curiosità in questo tempo di clima che sembra impazzito.

Perché il clima polare svolge un ruolo fondamentale nella circolazione atmosferica terrestre, e quello che succede ai poli influenza il resto del pianeta. Basti pensare alle conseguenze dello scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e dell’Antartide sull’innalzamento del livello del mare nelle città costiere. Considera che il riscaldamento atmosferico in corso è 4-5 volte più forte nell’Artico, e in parte dell’Antartide, che nel resto del pianeta.

Dove vivi ? Con chi? Dove ti sposti per lavoro?

Vivo a Helsinki con mio marito finlandese e la nostra figlia quattordicenne. Viaggio abbastanza spesso per lavoro: oltre ai viaggi brevi per conferenze, che di solito si svolgono in Europa o negli Stati Uniti, faccio viaggi di qualche mese per partecipare a campagne di misura in Artide e in Antartide. Il fatto che tu metta vicine la domanda sui viaggi di lavoro e quella sulla mia famiglia fa pensare che tu ti chieda come concilio le due cose… In effetti ho interrotto la partecipazione a campagne di misura quando è nata nostra figlia, ma poi circa quattro anni fà ho ripreso a partecipare alle spedizioni proprio per lei, perché mi sono resa conto che era curiosa del mio lavoro e orgogliosa della mamma che esplorava posti remotissimi e impervi. Comunque aiuta molto il fatto che mio marito faccia il mio stesso mestiere e quindi condivida la passione per la ricerca: anche lui partecipa a spedizioni polari, e quando uno dei due è in missione l’altro gestisce casa e figlia.

Come sei finita in Finlandia?

Il mio sogno fin da bambina era vivere per un certo periodo all’estero e conoscere culture diverse dalla mia. Quando il correlatore della mia tesi di laurea mi mandò ad Helsinki per collaborare coi colleghi finlandesi nell’ambito di un progetto di ricerca europeo, presi la palla al balzo e cercai lavoro lì. Se mi avesse mandato da qualche altra parte, là avrei cercato. Quindi la “scelta” del posto in cui vivere è stata determinata dal mio primo viaggio di lavoro. Tra l’altro, il ricercatore con cui iniziai allora la collaborazione divenuto mio marito, e questa è la ragione principale per cui ancora vivo in Finlandia.

La collaborazione con ricercatori russi e ucraini

Quali gli aspetti positivi del tuo lavoro?

Il mio lavoro è bellissimo. Imparare continuamente cose nuove attraverso lo studio del lavoro dei colleghi, l’analisi delle osservazioni, la simulazione dei processi fisici attraverso modelli numerici è stimolante, affascinante, e divertente. Senza contare il fascino di spedizioni internazionali sui ghiacci polari. Ma l’aspetto più bello della ricerca è senz’altro quello sociale: si cresce nella conoscenza attraverso la condivisione di ogni nuova scoperta coi colleghi, sia i compagni di spedizione e di ufficio, ma anche i collaboratori in altri stati e continenti. Fare ricerca é una pratica di apertura, rispetto, amicizia, conoscenza di sé e dell’altro, e si instaurano a volte legami profondi, nonostante le differenze linguistiche e culturali. E’ un esercizio quotidiano di pace tra culture diverse: anche i dieci membri del gruppo di ricerca in cui lavoro ad Helsinki vengono da sette stati e tre continenti diversi. In questo contesto, la guerra in corso tra Ucraina e Russia è una ferita profondissima: abbiamo dovuto interrompere le collaborazioni coi colleghi in Russia con cui lavoravamo fino a prima del conflitto, e ci siamo ritrovati in situazioni paradossali, come videoconferenze con colleghi ucraini collegati da bunker sotterranei durante bombardamenti su Kiev. Secondo una mia collega russa, il maggior contributo che ognuno può dare alla pace è lottare ogni giorno per la democrazia dove viviamo, per impedire derive dittatoriali come quella russa. Sono d’accordo con lei, non c’è pace senza democrazia (anche se la democrazia non è di per sé una garanzia di pace, come si vede in Israele).

Quale esperienza ricordi di più?

Sicuramente la prima volta che ho visto il ghiaccio marino e ci ho camminato sopra. Ero nella baia di Botnia, tra Finlandia e Svezia, e sotto uno spesso strato di neve c’erano 5-10 cm di acqua. Ero parecchio preoccupata, non avevo capito che l’acqua era dolce, causata dallo scioglimento della neve superficiale, non veniva dal mare sotto lo strato di ghiaccio. Poi ho visto che tutti immergevano gli stivali nel misto di neve e acqua e camminavano sul ghiaccio senza paura, allora sono andata anch’io. Molto emozionante è stato anche l’incontro coi pinguini in Antartide, sia i piccoli Adelie che i maestosi pinguini Imperatore. I pinguini sono curiosissimi, ma hanno anche paura, quindi per permettere loro di avvicinarsi a noi ci mettevamo in ginocchio o sdraiati sulla neve, in religioso silenzio. In questo modo venivano a un metro di distanza da noi. Che belli!

Fronteggiare il cambiamento climatico: “Rinunciare ai combustibili fossili da adesso”

Dalla tua esperienza quale lo stile di vita che dovremmo adottare per salvaguardare il nostro pianeta?

Più che la mia esperienza posso dire la mia opinione. Per ridurre i gas serra che causano il riscaldamento globale servirebbe rinunciare ai combustibili fossili da adesso. Siccome però la produzione industriale non è ancora in grado di rinunciarvi, bisognerebbe diminuire i consumi (ossia comprare meno cose, rinunciare ai viaggi, riciclare l’usato, coibentare le case per ridurre il riscaldamento in inverno e il condizionamento dell’aria in estate) mangiare meno carne (la cui produzione è una delle maggiori fonti di gas serra) e piantare alberi dove possibile (perché assorbano l’anidride carbonica, che è uno dei principali gas serra, e creano un microclima più fresco in estate). In parallelo, servirebbero maggiori sforzi pubblici e privati per costruire impianti a energia pulita (fotovoltaica ed eolica) e per trovare nuove fonti di energia (fusione nucleare). Siamo disposti noi, cittadini degli stati più ricchi e consumistici del pianeta, a rinunciare al consumismo? Io ammetto che potrei e dovrei fare molto, ma molto di più. Serve un cambio di mentalità, che i più giovani mi pare stiano già adottando, soprattutto nei paesi nordici: il consumo di carne si è drasticamente ridotto, il mercato dell’usato cresce sempre di più, specialmente nel settore dell’abbigliamento, e all’aereo si preferiscono mezzi pubblici via terra, quando possibile. Il punto è che, se non si cambia rotta, noi ricchi del pianeta e maggiori produttori di gas serra saremo responsabili della desertificazione delle aree povere del pianeta, con conseguente migrazione e destabilizzazione dei popoli che ci vivono, e dei disastri ambientali causati da fenomeni atmosferici sempre più intensi, come quelli che hanno provocato le recenti alluvioni in Spagna e in Italia.

Quando torni in Italia di solito?

Torno di solito per le vacanze estive e natalizie, e di solito mi ritaglio anche una settimana per Pasqua. La tappa in Italia in primavera è per me vitale: mi serve mentalmente per ricaricarmi e per respirare la primavera, quando invece in Finlandia è ancora inverno.

Cosa ti lega alla tua Rossetta?

A Rossetta c’è la casa in cui sono cresciuta. Quando si vive all’estero diventa bello e importante tornare dove si riconoscono i profumi, i gusti, il modo di fare e di sentire della gente. In Finlandia mi sento straniera, la cultura finlandese mi sarà sempre in parte estranea e questo è stressante, anche se mi sono ambientata bene tra colleghi, amici, e parenti di mio marito, e mi piacciono la mia casa e il mio lavoro. Però dopo 24 anni in Finlandia non mi sento neanche totalmente italiana. Quello che mi tiene maggiormente radicata all’Italia e nutre la mia identità italiana sono le relazioni con le persone: la gente di Rossetta, gli amici di lunga data, i miei parenti. E questo senso di appartenenza si trasmette anche a mia figlia italo-finlandese. Non sai Roberto quant’è stato importante per mia figlia che tu l’abbia coinvolta a fare la chierichetta o a visitare i presepi nelle case di Rossetta durante il Natale, e che con la webcam possiamo seguire la messa celebrata a Rossetta e sentirci in parte lì, con la gente del posto. Le hai dato senso di appartenenza a una comunità italiana. Cos’altro rende cittadini italiani? Voglio continuare a rafforzare questo senso di appartenenza venendo spesso a Rossetta e favorendo occasioni in cui mia figlia possa stringere amicizia con coetanei italiani (per esempio ai campi estivi).

Vita-lavoro, in Finlandia “c’è più uguaglianza sociale”

Cosa ha di bello e positivo la Finlandia?

Tantissime cose. C’è molto più equilibrio che in Italia tra vita lavorativa e vita personale, con giornate lavorative più corte che permettono attività sportive e ricreative. C’è più uguaglianza sociale che in Italia: le tasse le pagano tutti, l’asilo e la scuola sono garantiti a tutti, l’accesso all’ università avviene esclusivamente in base al merito e non al reddito, e il lavoro nero, la corruzione, e il clientelismo sono quasi inesistenti. Insomma i diritti civili e la democrazia sono più salvaguardati che in Italia. C’è anche maggiore uguaglianza di genere: nonostante la cultura patriarcale abbia ancora un certo peso anche in Finlandia, le donne sono meno discriminate che in Italia nel lavoro e nell’accesso al potere. Per queste ragioni, la qualità della vita è mediamente alta. I Finlandesi hanno anche un rapporto molto più profondo degli italiani con la natura: la rispettano di più, la vivono di più, e sono più sensibili ad adottare comportamenti che riducono l’impatto dell’uomo sull’ambiente. Non si vede quasi mai sporcizia da nessuna parte, e già da piccoli, nelle scuole, sensibilizzano i bambini sui temi ambientali. Per quanto riguarda il carattere dei Finlandesi, gli aspetti per me più belli e che mi hanno messo a mio agio da subito sono la modestia, la semplicità e la timidezza. Che meraviglia, al confronto dell’arroganza e presunzione che spesso si respira in Italia! Ovvio che c’è poi anche l’altro lato della medaglia: la difficoltà nel relazionarsi con gli altri e la carenza di immediatezza e vicinanza creano solitudine. La socievolezza italiana è una delle cose che mi mancano di più in Finlandia. Ma se vivo lì da 24 anni vuol dire che quello che mi manca è compensato dai benefici che vedo in tanti aspetti della vita sociale e privata.

Roberto Gordini