Martedì 24 settembre scorso, a Russi, si è celebrato il funerale di Domenico Berardi. Novantaduenne, giornalista e uomo di grande cultura, per tanti anni attivista del Pri. E’ morto nella sua abitazione, dove viveva con la moglie Rossana.
Berardi, la laicità intellettuale
A Elio Pezzi, in un’intervista del 2020 per il bollettino della Pro Loco, a proposito della sua religiosità aveva detto di essere: “Per capirci, uno di quei laici credenti, ma molto distaccati… Prima della presa di Roma da parte dei bersaglieri, quando c’era ancora il Papa-Re, sarei stato devoto a Pio IX papa e nemico di Pio IX re!”. E confermava più avanti questo suo ideale richiamando un gesto di papa san Paolo VI che a suo dire pochi ricordano, ma che “soppresse la messa in suffragio degli zuavi francesi morti in difesa dello Stato pontificio, contro la Repubblica romana. Questo, per dire che se ne son fatti dei passi in avanti…”. Un modo per sottolineare la laicità intellettuale, che si accompagnava al contempo nella ricerca sincera di Cristo Gesù, vissuta nella pratica dei sacramenti. Tanto da riconoscersi spesso nel passo della lettera di San Paolo a Timoteo che dice: “ho combattuto la buona battaglia ho conservato la fede”.
Il giornalismo d’autore e il Premio Guidarello
Ha svolto attività giornalistica (dai primi servizi sportivi con L’Avvenire d’Italia, al lavoro nelle redazioni locali del Resto del Carlino e poi alla Voce Repubblicana) ricevendo nel 1993 il “Guidarello” per il giornalismo d’autore; è stato attivista repubblicano (più volte consigliere nazionale) a fianco di personaggi del calibro di Ugo La Malfa e Giovanni Spadolini. Quindi è stato vice direttore alla biblioteca Classense e direttore dell’Archivio storico del Comune di Ravenna. Una vita intensa e felice quella con la sua Rossana. Nella sua ultima notte Domenico si è fatto più volte il segno di croce, e nel sentire prossimo il varcare la soglia di questa vita, più volte ha esclamato: “Apritemi!”. Spesso noi uomini ci lasciamo fuorviare dal peso delle ricchezze o del sapere che accumuliamo. Domenico ci lascia intuire che le nostre conoscenze possono essere tante, senza però essere un ostacolo a riconoscere Gesù Cristo come maestro e signore. Anzi. Come ci suggerisce papa Francesco, evangelizzare non è fare proselitismo, ma offrire testimonianza. Potessimo anche noi completare il cammino terreno accostandoci con continuità all’Eucarestia sull’esempio di Domenico e, come lui, al tempo che Dio vorrà, sussurrare “apritemi!”.
Giulio Donati