Nell’articolo della settimana che è appena andata giù ho scritto che se uno si mette nella mëlga fa poi fatica a darne fuori; beh, non mi è mo capitato proprio a me di andarmi a immalgare par be˜ stê! L’è zuzèst a Sêrna sabato passato. Ci sto a scommettere che qualcheduno di voi è già lì che si muore dalla voglia di sapere cosa ci sia andato a fare il sottoscritto in mezzo alla saggina. Alto un pas!

Una serata un po’ particolare alla Sagra di Sarna

Nella campagna di Sarna ci si può trovare del kiwi, di mugnêgh, di prógn, dal vid e, in qua e in là, del grano, dei girasoli, de furmintõ, ma è da un bel po’ che della saggina non se ne vede gnânch una gâmba. Int la mëlga, cioè nei problemi, mi ci sono messo per via di Tugnèt d’Musiöl Mòr, quel mio, nonostante tutto, caro amico che d’ogni tanto se ne salta fuori con una delle sue e si gode, ma dite pure che si gode, a rompermi le devozioni fintanto che non l’ho accontentato. Dônca sàbat pasê a Sêrna us magneva, cioè era in corso la sagra. A caval dal si me lo sono visto fiondare nella cucina dello stand mentre davo ancora in dentro alla polenta e, avãti a bajunèta in câna, ha cominciato a dir su che i cvel cvând i s’ fa bsógna ciumpii e che mè invezi nell’articolo della settimana passata ho parlato sì della mëlga, ma ho lasciato indietro i modi di dire e le usanze riferite a e’ garnadël e a la garnê. Ho tentato di giustificarmi dicendo che non potevo dir di più per mancanza di spazio, ma lui ha tirato dritto e delle robe che, sgónd ló avrei dovuto dire me ne ha fatto un rosario che non finiva più, tant’è che si erano ormai fatte le sette. Par cavemal d’atorna, dato che c’era già la fila di quelli che volevano mangiare, gli ho detto che avrei rimediato con l’articolo di questa settimana, quindi bisogna proprio che lo faccia per non trovarmi di nuovo Tugnèt tra i piedi.

E’ garnadël e i suoi detti

Comincio da e’ garnadël, lo scopino senza manico fatto con le spazzole più corte della mëlga che le nostre donne tenevano sempre a portata di mano par spazê e tulir tutte le volte che avevano da impastare qualche cosa. Quando, a forza di usarlo, u s’era consumê ne prendevano uno dei nuovi e il vecchio dal tagliere veniva spostato ins l’iröla del camino par spazê la zendra, dove si logorava ancor di più riducendosi a un muzgõ. Non veniva però buttato via, faceva un altro salto verso il basso: e’ fineva a spazê e’ bus de lucomud, quell’orribile gabinetto antigienico presente una volta nelle nostre case. Da questi successivi e sempre meno nobili usi dello scopino, è derivato il detto fê la fe˜ o e sêlt de garnadël riferito a chi era andato via via peggiorando la propria situazione economica.

I modi di dire nei ricordi di Tugnèt

Molte di più le usanze o i modi di dire riferiti a la garnê presenti nei ricordi di Tugnèt. L’impegnarsi, il comportarsi bene, l’essere puntuale, preciso e ordinato di uno che avesse appena iniziato un lavoro, suscitava spesso un commento poco lusinghiero: “Ohi, sta be˜ ate˜t parchè la garnê növa la spaza be˜ tri dè!”. Di chi perdeva il posto o veniva rimosso da un qualche incarico si diceva invece che i j aveva fat saltê la garnê. La stessa espressione era usata anche quando fra i vari giovanotti che facevano il filo a una ragazza ce n’era uno che, convincendola a mettersi con lui, e’ faseva saltê la garnê a chietar. Durante il carnevale fra i balli che si facevano una volta nelle case u j era e’ bal dla garnê: l’uomo rimasto senza ballerina prendeva la scopa di casa, la presentava ad una coppia e prendeva il posto dell’altro ballerino che doveva così accontentarsi dla garnê. Fra la nostra gente poi era molto diffusa la superstizione che la garnê avesse un qualche legame con la stregoneria. Si diceva, ad esempio, che una strèja o un striõ non potesse morire se non quando era riuscito a lasciare i suoi poteri a qualcuno. Se l’agonia si prolungava perchè non c’era nessuno disposto a ereditarli, gli si metteva una garnê fra le mani, così il moribondo poteva finalmente chiudere gli occhi. Tugnèt mi ha anche ricordato che la sua nonna, se di venerdì si presentava a casa una donna che prima non ci fosse mai andata, la lasciava sempre fuori e metteva una garnê ‘d travers dla pörta, convinta che, se quella fosse stata una strega e avesse tentato di andar dentro, si sarebbe involata inse˜ cun la garnê.

Un indovinello

Concludo la mia immalgata con un indovinello facile facile che veniva proposto ai bambini, ma che nascondeva una presa in giro. Era uno dei cosiddetti indovinelli cun e’ furmàj.
Cus el e’ cvèl pió ciòs dla ca?
Risposta: la garnê!
Presa in giro: besa e’ cul a tu pê!

Mario Gurioli