La direzione di Accademia Perduta/Teatro Masini di Faenza comunica che, per motivi di salute di uno degli attori, lo spettacolo Enrico IV, annunciato per la Stagione di Prosa 2022/23 dal 17 al 19 marzo, non potrà andare in scena e per ragioni organizzative non è stato possibile riprogrammare in diverse date la rappresentazione.

L’appuntamento sarà quindi sostituito da LA MADRE, primo adattamento italiano del celebre testo di Florian Zeller; uno spettacolo delicato e intenso interpretato da Lunetta Savino insieme ad Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino per la regia di Marcello Cotugno.

Lo spettacolo andrà in scena venerdì 28 aprile (per gli Abbonati del Turno A), sabato 29 aprile (per gli Abbonati del Turno B) e domenica 30 aprile (per gli Abbonati del Turno C) alle ore 21.

Confermato il consueto Incontro con gli Artisti al Ridotto che si terrà sabato 29 aprile alle ore 18 a ingresso libero.

Ne La Madre Zeller indaga con estrema acutezza il tema dell’amore materno e le possibili derive patologiche a cui può condurre.

La partenza del figlio, ormai adulto, viene vissuta dalla donna come un vero e proprio tradimento, come abbandono del nido, a cui si aggiunge una decadenza dell’amore coniugale in atto da tempo.

Anna, la madre, è ossessionata da una realtà multipla, una sorta di multiverso della mente, in cui le realtà si sdoppiano creando un’illusione di autenticità costante in tutti i piani narrativi.

Il mondo di Anna è un luogo in cui lei non si riconosce più, isolata da un ménage familiare che l’ha espulsa. Ma la responsabilità di questa solitudine non sta forse anche nell’aver rinunciato alla vita? Abdicare ai sogni, alle speranze e ai desideri unicamente per dedicarsi al proprio unico figlio maschio su cui riversare frustrazioni, rimorsi e ideali d’amore non è forse un cammino che inclina pericolosamente verso la disperazione? Ma dai ricordi di Anna si può immaginare un risveglio?

Nella sua mente di madre si affastellano ora sequenze oniriche ora situazioni iperrealistiche che, alla fine, non sembrano essere né un vero sogno, né la banale realtà del presente, ma una vertigine ipnotica e crudele dalla quale risvegliarsi è impossibile.

Domenica 19 febbraio appuntamento con la “Pojana e i suoi fratelli”

Andrea Pennacchi, accompagnato dalle musiche eseguite dal vivo da Giorgio Gobbo e Gianluca Segato, è protagonista sul palcoscenico del Teatro Masini di Faenza, domenica 19 febbraio alle ore 21, con il suo spettacolo Pojana e i suoi fratelli. L’appuntamento fa parte della rassegna Teatri d’Inverno – Sguardi sulla drammaturgia contemporanea.

I fratelli maggiori di Pojana – Edo il “security”, Tonon il derattizzatore, Alvise il nero – videro la luce all’indomani del primo aprile 2014. In quel giorno, infatti, l’Italia scoprì che in un capannone di Casale di Scodosia (comune del veneziano noto per i mobilifici e per i carri allegorici) veniva costruito un Tanko, una “macchina movimento terra” blindata, con un ‘cannoncino’ in torretta.

Io e il mio socio, il musicista Giorgio Gobbo, sentimmo subito la necessità di raccontare alla nazione le storie del nordest che fuori dai confini della neonata Padania nessuno conosceva. “Il mondo deve sapere – pensavamo – come mai i laboriosi veneti costruiscono nei loro capannoni svuotati dalla crisi delle ‘tecniche’ degne dell’Isis”. Va detto che queste storie venivano già raccontate da giornalisti straordinari come Rumiz e Stella, o sociologi come Diamanti, ma a teatro erano ancora poco presenti.

Andrea Pennacchi ®sonia de boni

È significativo e terribile che i veneti siano diventati, oggi, i cattivi: evasori, razzisti, ottusi.

Da provinciali buoni e gran lavoratori che per miseria migravano a Roma a fare le servette o i carabinieri, a avidi padroncini. Un enigma, che per noi si risolve in racconto: siamo passati da maschere più o meno goldoniane a specchio di una società intera.

Quando Francesco Imperato mi propose di collaborare al progetto “This is Racism”, recitando il testo di Marco Giacosa per il video di Ciao Teroni, Franco Ford detto “Pojana” era già nato. Era il ricco padroncino di un mio adattamento delle Allegre comari di Windsor ambientato in Veneto, con tutte le sue fisse: le armi, gli schei e le tasse, i neri, il nero.

In seguito, la banda di Propaganda Live l’ha voluto sul suo palco, e lui si è rivelato appieno per quel che è: un demone, piccolo, non privo di saggezza ma non particolarmente in alto nella gerarchia infernale, che usa la verità per i suoi fini e trova divertenti cose che non lo sono, e che è dentro ognuno di noi.

Ed eccolo qui, con tutti i suoi fratelli, a raccontare storie con un po’ di verità e un po’ di falsità mescolate, per guardarsi allo specchio.